Crisi ucraina: cala l’export per la metà dei distretti industriali
Segno meno per la metà dei distretti italiani. Dopo un periodo positivo, per le nostre esportazioni cominciano ad intravedersi segnali di crisi. I dati del commercio estero dell’ultimo trimestre del 2014 indicano un rallentamento significativo. In particolare, secondo un rapporto di Intesa Sanpaolo, l’export dei distretti industriali del nostro Paese, pur continuando a crescere nella variazione tendenziale, frena sensibilmente e mostra il segno meno a causa della crisi russo-ucraina e, più in generale, dell’andamento negativo dei nuovi mercati. Nel dettaglio, il numero delle aree distrettuali che hanno registrato un calo è salito a 58, su un totale di 144 distretti monitorati.
Il traino degli Stati Uniti
Quelli che hanno retto, portando a 64,6 miliardi la cifra complessiva del fatturato, hanno potuto farlo grazie all’effetto traino di Stati Uniti, Svizzera, Spagna e Regno Unito. Alcuni distretti come le pelletterie e le calzatue di Firenze, l’occhialeria di Belluno, l’oreficeria di Valenza, le piastrelle di Sassuolo hanno visto aumentare i margini di guadagno. In genere, hanno mantenuto buone performance i distretti specializzati in elettrodomestici, anche se abbondantemente al di sotto del periodo pre-crisi. Dove, invece, è comparso il segno negativo è nei settori più legati al mercato cinese e, soprattutto, a quello dell‘Ucraina e della Russia. In quest’area, nei primi nove mesi dello scorso anno, sono andati persi circa 350 milioni di euro di export distrettuali.
Le difficoltà della Cina
Emblematico il caso russo. Sull’export italiano ha pesato – e purtroppo peserà ancora – il forte deprezzamento del rublo causato dal crollo del prezzo del petrolio. In più, la mancata soluzione della crisi ucraina, con l’atteggiamento di chiusura assunto dalla Unione europea nei confronti di Putin, ha accentuato le criticità nell’export. Non va dimenticato che le condizioni dell’export sono rese più complesse e pesanti anche dalle crescenti difficoltà con cui è alle prese l’economia cinese, le implicazioni del dollaro forte sui paesi emergenti , i problemi di riduzione del debito nell’Eurozona, gli effetti del crollo della rendita petrolifera sulla stabilità di qualche paese produttore.