Ecco come Tatarella lavorò alla nascita di Alleanza Nazionale
Alleanza Nazionale è nata ufficialmente con la celebrazione del Congresso di Fiuggi, che si tenne dal 25 al 27 gennaio del 1995. La storia della nascita del partito che ha caratterizzato a lungo la politica italiana è però più complessa e inizia molto prima del congresso fondativo. L’idea di trasformare la destra missina in un partito di governo, alleabile con quello che sarebbe rimasto della Democrazia Cristiana, del Partito socialista e di altri spezzoni non di sinistra dell’ex pentapartito, albergava da tempo nella mente di Giuseppe Tatarella, detto Pinuccio. Colui che poi divenne il “ministro dell’armonia” di Silvio Berlusconi sosteneva, inascoltato, che la destra politica non poteva restare chiusa nel recinto della testimonianza storica, con milioni di voti in frigorifero e politologi dello spessore di Piero Ignazi che la definiva “Il polo escluso“.
Già dal 1989 si lavorava a costruire una destra alleabile
I primi passi furono mossi da Tatarella sui giornali che dirigeva. Già alla fine degli anni Ottanta su Destra politica scrisse un editoriale titolato “Le due rive” in cui prefigurava l’arrivo in Italia del bipolarismo. Sostenne che le rive della politica sono due, destra e sinistra, e che il centro è una zattera che sta in mezzo e approda da un lato o dall’altro secondo convenienza. Ovviamente del 1989 i tempi non erano maturi per prefigurare una destra alleabile. Tatarella tornò alla carica nel 1990 fondando un nuovo giornale, Repubblica presidenziale. Il titolo del primo editoriale era “Un’alleanza per il presidenzialismo” e può essere considerato l’embrione del progetto di Alleanza Nazionale. Nell’articolo si sosteneva che bisognava creare un’alleanza sul tema della democrazia diretta, unendo la destra con tutti coloro che volevano l’elezione diretta del presidente della Repubblica, dai socialisti ai repubblicani a un pezzo di Democrazia cristiana.
Fisichella sul “Tempo” coniò il nome Alleanza Nazionale
Anche nel 1990 i tempi non erano maturi e Tatarella dovette arretrare in attesa del momento maturo. Ci riprovò agli inizi del 1992 quando diede vita, d’intesa con Gianfranco Fini, al “Fronte degli Italiani“, un comitato che coinvolse ex ambasciatori, giornalisti ed esponenti della cultura. Il tentativo fu un vero e proprio fallimento, nessuno credeva ad un’evoluzione della destra italiana fino a renderla alleabile e di governo. Passarono pochi mesi e il clima cominciò a cambiare, soprattutto grazie al referendum di Mario Segni che introdusse la preferenza unica ed assestò il primo colpo ferale al sistema dei vecchi partiti. E così il 19 settembre 1992 arrivò l’occasione che Pinuccio Tatarella stava aspettando. Sul Tempo uscì un editoriale di Domenico Fisichella, dal titolo “La destra in cammino“, in cui si sosteneva che era necessario unire le forze republicane, moderate e democratiche per una grande alleanza nazionale. Fu così che a Tatarella brillarono gli occhi: era proprio l’operzione che aveva in mente da tempo. Chiamò Fini e gli uomini a lui vicini e disse: “Questa è la strada da seguire”. La nascita di An fu un vero e proprio miracolo, soprattutto perché è stato uno smottamento ideato, gestito e realizzato tutto internamente al Movimento sociale italiano. Nel nuovo progetto arrivarono persone di grande caratura intellettuale, politica e umana, dallo stesso Fisichella a Gustavo Selva, da Luigi Ramponi a Pietro Armani e Publio Fiori. Uomini che consentirono alla classe dirigente missina di abbandonare con credibilità qualsiasi tentazione postfascista e abbracciare appieno la logica dell’alleabilità.
Gasparri scrisse il manifesto di Alleanza Nazionale
Individuato il percorso Tatarella incaricò Maurizio Gasparri di scrivere il manifesto di An, che poi venne pubblicato in dieci punti da “Repubblica presidenziale“, e Adolfo Urso di struttiurare una rete di aderenti e responsabili sul territorio. Il giorno dopo si diede vita al “Comitato per Alleanza Nazionale“, che tenne la prima riunione presso la sede del Sindacato Liberi Scrittori di Francesco Grisi. Organo ufficiale dell’operazione politica diventò il Secolo d’Italia, che ogni giorno pubblicava interviste a politologi e storici sulla necessità di rendere la destra alleabile e di governo.
Le elezioni comunali di Roma rappresentarono la svolta
La svolta definitiva venne dalle elezioni comunali di Roma del novembre 1993, che giunsero inaspettate a causa delle dimissioni del sindaco Franco Carraro. Tatarella comprese che era una ocasione ghiotta, era giunto il momento di tentare la via dell’alleabilità, anche perché per la prima volta c’era l’elezione diretta del sindaco. Il Msi avvicinò Mino Martinazzoli, alllora segretario della Dc, proponendo la candidatura comune di Rocco Buttiglione, che al tempo non era ancora impegnato in politica. Martinazzoli non aveva compreso che il clima politico stava cambiando e bocciò l’operazione, presentando come candidato sindaco della Dc il prefetto della Capitale. Il centrosinistra candidò Francesco Rutelli e il Msi si trovò scoperto e isolato. A quel punto prese corpo l’idea di candidare Fini a sindaco di Roma, non essendoci nessuno disposto ad alearsi col Msi. Nonostante il progetto di Alleanza Nzionale fosse già pronto si decise di non tirarlo fuori per le comunali, presentando il Msi com’era. Il risultato elettorale fu incredibile, Fini superò il candidato della Democrazia Cristiana andando al ballottaggio e spianando la strada alla nascita di Alleanza Nazionale. Ormai nessuno poteva prescidenre dalla destra e dai suoi voti.
Alleanza Nazionale va al governo dieci mesi prima del Congresso di Fiuggi
Il resto della storia è noto, con Silvio Berlusconi che al ballottaggio si schierò con Fini, la scomparsa del pentapartito e la nascita della coalizione di centrostra che vinse le elezioni del 1994. Il Msi in quell’occasione tirò fuori il simbolo di An, conquistò più del 12% e diede vita al nuovo soggetto politico, che poi vide la luce ufficialmente dieci mesi dopo a Fiuggi, concludendo un processo di evoluzione dovuto alla combinazione di tre elementi: il contesto politico di quegli anni, la giovane generazione che era arrivata con Fini ai vertici della destra italiana e la spinta di Tatarella che aveva lavorato assiduamente e con anticipo di anni per ottenere il risultato.