Fascistelli a noi… debutta il film sulla militanza a destra negli anni Novanta

26 Gen 2015 12:42 - di

Con l’anteprima organizzata al Teatro Studio di Lanciano (28, 29 e 30 gennaio ore 21.00) il film Fascistelli arriva nelle sale cinematografiche. Da febbraio inizierà una piccola distribuzione indipendente (a cura del coproduttore del film, la JRStudio di Foggia) che toccherà molte sale d’Italia. Il romanzo Fascistelli (Il Cerchio, 2013 – Menzione Speciale Premio Letterario “John Fante”) di Stefano Angelucci Marino (che è anche regista di quest’opera prima) ha trovato così la sua “traduzione” cinematografica. Produttori del film sono il “Teatro del Sangro”, la JRStudio di Roberto Moretto e il pubblico pagante. Il film è stato prodotto con fondi raccolti dal basso attraverso una azione di crowdfunding sviluppata nei primi mesi del 2014.

I due protagonisti, Vittorio e Tonino

Il protagonista del film, Vittorio Brasile, è un adolescente inquieto e innamorato di Capitan Harlock che vive con disagio la monotonia del paese della provincia abruzzese, Civitella, dove vive con la madre vedova. Siamo nel 1993, l’Italia sta per essere travolta da Tangentopoli ma Vittorio ancora non lo sa e individua una possibile via di fuga nel suo farsi “camerata”, cioè nell’andare controcorrente, nello scegliere un luogo “alternativo” che si concretizza nella sede missina dove va a bussare per chiedere l’iscrizione a un partito considerato in estinzione. Fascistelli racconta dal di dentro in maniera impietosa – come mai è stato fatto finora – l’ultima generazione (quella dei primi anni ’90) dei ragazzi di provincia che hanno militato nel MSI, riuscendo a farci rivivere i pensieri, le scelte, gli scontri, le contraddizioni, le speranze e le disillusioni di quei tanti giovani che hanno provato a sfidare il mondo facendo politica nell’unico posto dove all’epoca era “proibito” stazionare, a destra. L’altro protagonista del film è il segretario del Msi di Civitella Tonino Fendente, detto il “fascistone”, dietro la cui predicazione focosa da uomo tutto d’un pezzo si cela però una stanchezza di stare all’opposizione, una retorica ormai anacronistica che presto cederà il passo all’ingresso a pieno titolo in un sistema fino ad allora avversato. Punto di non ritorno per il giovane Vittorio, costretto a vedere andare in frantumi i suoi sogni di rivoluzione.

Un film coraggioso e autoironico

Un film coraggioso perché si discosta totalmente dalla celebrazione delle gesta dell’attivismo anni Settanta, divenuto ormai una sorta di racconto fondativo “mitologico” per le memorie coltivate a destra e affronta in modo sincero e politicamente scorretto un periodo difficile della militanza anticonformista, quegli anni Novanta in cui la crisi delle ideologie faceva evaporare ogni parola d’ordine e ogni ansia di cambiamento: un fenomeno epocale contro il quale il nostro Vittorio prova ad usare armi identitarie già spuntate in partenza, dai libri di Alain de Benoist alle canzoni ribelli dei 270 bis. Un film autoironico (altra caratteristica di questo lavoro) che parla a un mondo che poco pratica questa forma di riflessione su di sé e che guarda con sospetto ad ogni ragionamento critico sulla storia che sta alle nostre spalle. Un film che si lascia guardare, nonostante la povertà dei mezzi impiegati, perché rappresenta ciò che molti ragazzi hanno pensato e sperato e che riesce a stemperare in un sorriso dolce-amaro delusioni e interrogativi rimasti senza risposta: un inno alla beata ingenuità della militanza disinteressata ma destinata, prima o poi, al “disvelamento”.

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