Il fondatore di Charlie Hebdo contro il direttore ucciso: perché questa escalation?

16 Gen 2015 14:40 - di Livia De Santis

«Ce l’ho veramente con te, Charb. Pace all’anima tua». Poche parole e l’ex vignettista di Charlie Hebdo, Delfeil de Ton, apre la prima, importante, crepa nel fronte di difesa a oltranza del settimanale satirico preso di mira dagli integralisti islamici. Delfeil de Ton, 80 anni, uno dei fondatori del giornale, dal 1975 a Le Nouvel Observateur, spiega sul  settimanale tutto il disaccordo con la linea attuale del giornale, chiedendosi: «Che bisogno c’era di questa escalation a tutti i costi?».

«Era un ragazzo brillante ma un testardo»

Delfeil de Ton se la prende con il suo amico Stéphane Charbonnier, chiamandolo “il mio capo”, ucciso dai terroristi insieme con altre undici persone in redazione, il sette gennaio: era un «ragazzo brillante», ammette, ma “un testardo” che ha portato alla morte la sua redazione. Delfeil de Ton ricorda quando Charb decise, nel novembre 2011, di dar vita al famoso numero del giornale ribattezzato per l’occasione “Charia Hebdo“: «Che bisogno c’era di trascinare tutti in questa escalation?». Poco dopo quella pubblicazione, i locali della redazione furono incendiati. Delfeil de Ton ricorda che Wolinski, il vignettista di Charlie Hebdo più celebre, anche lui assassinato dai fratelli Kouachi, riteneva questa provocazione contro i musulmani un’idiozia, e avrebbe detto: «Credo che siamo degli incoscienti e degli imbecilli che corriamo un rischio inutile. Tutto qui. Ci si crede invulnerabili. Per anni, decine di anni, si fa provocazione e poi un giorno la provocazione si ritorce contro di noi. Non bisognava farlo». Wolinski è morto, e Delfeil de Ton aggiunge: «Non bisognava farlo, ma Charb l’ha fatto ancora l’anno dopo, nel settembre 2012».

Le polemiche

Parole che hanno fatto infuriare l’avvocato di Charlie Hebdo, che se la prende in particolare con il settimanale e la sua decisione di pubblicare ora l’intervista: «Charb non è nemmeno stato sepolto. Non è il momento delle polemiche», ha detto Richard Malka a uno dei principali azionisti dell’Obs, Matthieu Pigasse, bacchettando il magazine che «non ha niente di meglio da fare che pubblicare un articolo polemico e malevolo».

Rushdie difende libertà di espressione

Lo scrittore Salman Rushdie ha difeso la libertà di espressione sottolineando che si tratta di un valore assoluto, poichè se così non fosse non esisterebbe. Intervenuto all’Università del Vermont a Burlington, Rushdie – che nei giorni scorsi ha già condannato l’attentato a Charlie Hebdo osservando che «la religione deve oggetto della satira» – ha ricordato le parole di John F. Kennedy e Nelson Mandela, secondo i quali «la libertà è indivisibile». E poi ha puntualizzato: la libertà «non si può fare a fette, altrimenti non è più libertà. Charlie Hedbo può non piacere… Ma il fatto che non piace non ha niente a che fare con il loro diritto di esprimersi».

 

 

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