Grillo sognava di fare “il Mussolini”. Ma il Duce avrebbe fatto tutt’altro…
Se per Matteo Renzi è dura chiudere – presto e bene – il dossier del Quirinale, per la premiata ditta Grillo & Casaleggio la stessa impresa si sta facendo addirittura proibitiva. E, probabilmente, tutto avrebbero voluto, il comico e il guru, meno che imbattersi per la seconda volta in due anni nei “ludi quirinalizi”, da sempre considerati per le forze politiche emergenti come un trampolino saltando dal quale o si spicca il più bel tuffo della storia o si “spanza” in acqua.
Nel 2013 Grillo schierò Rodotà al Quirinale
Nel 2013, i grillini freschi di alloro per la vittoria elettorale, se la cavarono a raffiche di Rodotà-tà-tà-tà. Una mossa quasi intelligente con cui s’illusero di far arrossire la pellaccia di quelli cresciuti nel Pci e nella Dc ed ora nel Pd, che – capita l’antifona – neanche presero in considerazione il nome dell’insigne giurista. Richiamarono in servizio l’uscente Napolitano e lo reincoronarono insieme al centrodestra berlusconiano. Urlarono allora, i Cinquestelle, contro l’opacità dei compromessi della politica, cui opponevano il bello della diretta in streaming. Il povero Bersani ne pagò il conto.
Dai M5S solo uno sterile e confusa protesta
Oggi, però, il movimento grillino si trova in una situazione del tutto diversa: i capi sono contestati, nei gruppi parlamentari è in atto un’emorragia di eletti. E chi va via, rischia di brutto. Nell’ultima assemblea che hanno tenuto – in streaming, ovviamente – in poco meno di un’ora hanno bruciato i nomi di Romano Prodi (fischiato), Bersani (proposto da Di Battista e accolto dal collega Carlo Fraccaro), Sergio Cofferati (sponsor Carlo Sibilia), oltre a quelli di Imposimato, Settis, Di Matteo, Eco e Dario Fo. Insomma, una cosa a metà tra la scena finale di Ecce Bombo ed una riunione postprandiale di un collettivo studentesco all’epoca del “ritorno al privato”. È chiaro che Grillo è di fronte a un bivio che non più eludere: o si “sporca le mani” facendo politica o continua ad abbaiare alla luna. In ogni caso, perderà altri pezzi. Era immaginabile: non si può entrare in Parlamento con la pretesa di non fare politica, cioè chiamarsi fuori da tutto, in nome di una millantata purezza che in realtà è solo rinuncia preventiva ad incidere per paura di sbagliare. Anche Benito Mussolini cavalcò l’antiparlamentarismo ma, da vero rivoluzionario, lo guidò verso uno sbocco politico. Certo, si potrà obiettare che instaurò una dittatura e che la guerra perduta ha fatto piangere gli italiani. Tutto vero: il problema, però, è che ora a Grillo non riesce neppure più a farli ridere.