I lupi arrivarono nei villaggi distrutti: 100 anni fa il terremoto nella Marsica

13 Gen 2015 17:20 - di Antonio Pannullo

Già da qualche giorno un contadino dormiva nella stalla, perché aveva notato che l’acqua nel pozzo bolliva. L’aveva detto ad altri, ma nessuno gli dette retta. Così, quando il sisma arrivò, lui non rimase sepolto insieme alla sua famiglia. L’inferno iniziò alle 7,48 del mattino, quando una scossa pari all’XI grado della scala Mercalli rase al suolo la Marsica e il suo capoluogo Avezzano: questa cittadina vide morire fra le macerie diecimila dei suoi undicimila abitanti. Il sindaco e 15 dei 16 consiglieri comunali perirono sotto le rovine. Del suo famoso castello, oggi sono visibili sono parti delle mura esterne.

Avezzano rasa al suolo, tranne un edificio

In tutta la città rimase in piedi un solo edificio, costruito in cemento armato da un certo Palazzi. Appena sei anni prima c’era stato il terremoto-maremoto di Messina, che aveva causato centomila morti, mentre il numero delle vittime di quello della Marsica varia tra i 30mila e i 33mila (su un totale di 110mila abitanti nella regione colpita). Moltissimi centri intorno ad Avezzano, nella piana del Fucino e in montagna, furono completamente rasi al suolo, tra cui Pescina del Marsi dove morì il 70 per cento della popolazione. È il paese di cui è originario Ignazio Silone, vi nacque nel 1900, che nella tragedia perse i genitori e cinque fratelli e che in un suo libro, Fontamara, racconta che alcuni paesi montani rimasero isolati per parecchi giorni e che dalle montagne scesero i lupi attirati dall’odore dei cadaveri sotto le macerie. Intere famiglie furono distrutte, gli orfani, a migliaia, furono mandati nei conventi, l’esercito fu mobilitato per i soccorsi e la ricostruzione per mesi. Tra i volontari c’era anche Nazario Sauro, che in seguito parlò di quell’esperienza terribile. Polemiche durissime, come era già accaduto in occasione di Messina, si scatenarono contro il governo Salandra, accusato di inammissibili ritardi nei soccorsi. Il deputato del collegio Pescina-Pescasseroli, Erminio Sipari, accusò il governo di non essere intervenuto immediatamente e di non aver neanche pensato a inviare un velivolo in ricognizione sui territori colpiti.

La ricostruzione fu rallentata dalla Grande Guerra

In realtà, è vero che le istituzioni si fecero trovare impreparate, ma dopo un inizio stentato, lo Stato si mobilitò, così come la chiesa, e in capo a pochissimi giorni tutti i senzatetto poterono essere ricoverati e sfamati. Si iniziarono anche a costruire case provvisorie, ma dopo qualche mese l’impresa rallentò sensibilmente, perché tutte le risorse erano assorbite dalla Grande Guerra. La mancanza di mezzi fu risentita particolarmente dalla Marsica giacché la rete viaria era in cattivo stato e la ferrovia non vi arrivava. Cento anni dopo, nessuno di quelli che assisté all’evento è ancora vivo, ma la memoria storica della tragedia è ancora vivissima tra la popolazione.

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