Gervaso: come ho sconfitto il male oscuro? Con lo zabaione
Roberto Gervaso è arrivato in libreria con un nuovo libro: Ho ucciso il cane nero. Come ho sconfitto la depressione (Mondadori). Un libro coraggioso perché affronta un tema di cui si parla tanto ma del quale si sa pochissimo. La depressione resta insomma ancora oggi il “male oscuro” di cui parlava Giuseppe Berto.
E lei come definirebbe la depressione? Solo puro dolore ? O una dannata sospensione dell’essere ?
E’ una maledetta sospensione dell’essere. E’ la coscienza di quanto sia limitato, e fragile, tutto il nostro essere. E’ un annullamento ed un rogo dell’anima. Non si soffre mai invano. Quanto più la sofferenza è acuta, tanto più sarà prodigiosamente creativa.
Qual è stato il suo attimo più terribile, quello in cui ha pensato di farla finita davvero e non per celia?
Eravamo a Cortina con mia moglie ad una cena. Ad un certo punto mi dovetti alzare per andare via. Non ce la facevo più. Mia moglie capì. Uscimmo ed andammo in un bar. Non volli poi stare neanche lì. E’ come diceva Seneca:non serve a nulla mutare il cielo, bisognerebbe mutare l’animo.
Lei è un giornalista di grande successo. Crede che avrebbe raggiunto lo stesso traguardo se non avesse incontrato Montanelli ?
Credo che la mia ascesa sarebbe stata più difficile e più faticosa ma alla fine ce l’avrei fatta comunque. Casanova scriveva che se vuoi diventare Papa, lo diventi. La mia volontà è la mia arma segreta.
Perché ce l’ha tanto su con Piero Ottone ? Fu davvero l’artefice dell’allontanamento di Indro Montanelli dal Corriere ?
Ottone fece del Corriere della Sera una Pravda, come la definì Enzo Bettiza in Via Solferino. Era un perfetto esempio di radical chic:era stato tuttavia anche un corrispondente zelante da Londra. Quando Montanelli venne gambizzato, non diede la notizia sul Corriere, così come fece Arrigo Levi su La Stampa. Quando si è in democrazia, la cosa che non si può far mancare in assoluto è la libertà.
Perché ha una predilezione quasi feticistica per i papillon?
Per farmi notare. Io non ero un adone ma avevo una complessione organica, ero armonico. Portavo occhiali senza lenti da studente, la Summa Teologica di San Tommaso sotto braccio (che non ho mai letto e che spero di non dover leggere mai) e una bombetta. Però per avere le donne ci vollero i libri che pubblicai. Mi trasformarono da depresso in un espresso.
Che cos’è per lei il tradimento coniugale. È davvero propizio ad una buona intesa coniugale ?
L’adulterio è un regolamento di conti ed un fattore di grande equilibrio. È il principio attivo di un matrimonio felice, a patto che venga tenuto ben nascosto.
Il suo difetto più grande e incolmabile. Il suo peccato più grande. Il suo dolce preferito?
Il mio difetto più grande è la vanità, condita però sempre dall’ironia e dall’autoironia. Il mio peccato più grande è stata la carne. Se un tempo peccavo con la chianina, oggi lo faccio con la simmenthal. Il mio dolce preferito è lo zabaione, preparato con il moscato e nel modo più tradizionale e nocivo possibile. Un dolce non è buono se non fa male.
Il libro a cui è più legato?
Le Lettere a Lucilio di Seneca e il Dizionario filosofico di Voltaire.
Lei ha un carattere straordinario. Anche la sua vita è stata straordinaria?
Lo dica a mia moglie. L’unica virtù che mi riconosco è la mia duttilità, l’accettazione delle situazioni, sono un animale che si adatta.