La stampa indiana insiste: processare i marò per omicidio
Marò: ancora passi indietro. O meglio, ancora speculazioni sulla presunta verità dei fatti. È notizia di oggi che il quotidiano The Economic Times, a cui settori del ministero dell’Interno indiano e della polizia antiterrorismo Nia offrono spesso argomenti accusatori nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ripropone la tesi secondo cui i due fucilieri di Marina spararono premeditatamente contro il peschereccio St.Antony, uccidendo gratuitamente i due pescatori a bordo.
Le accuse della Nia
Confutando l’ipotesi di un errore di valutazione da parte del team di sicurezza della Enrica Lexie in navigazione al largo delle coste del Kerala, il giornale scrive inoltre che «l’Agenzia di investigazioni (Nia) sostiene di avere le prove che i fucilieri utilizzarono una forza letale senza provocazione alcuna, e che essi non avevano ragioni per ritenere che l’unità che si stava avvicinando a loro avesse pirati a bordo». Non solo: un responsabile della Nia avrebbe indicato al giornale indiano che questa ricostruzione forma parte del rapporto accusatorio che l’agenzia ha già preparato, ma non depositato, perché l’Italia ha contestato la giurisdizione indiana a processare i due militari, e che la questione è ora all’attenzione della Corte Suprema chiamata a valutare – come se i nodi da sciogliere non fossero già abbastanza e già sufficientemente pretestuosi – nuovi j’accuse e altre contestazioni mosse ai due marò, adombrando il sospetto della «indiscutibilità» della volontà di uccidere (chissà perché) due semplici pescatori, e sventolando il dubbio sulla mancanza di addestramento rivelata (chissà come) dai nostri due fucilieri in missione. Concludendo, quindi, con la rivendicazione della ostinata volontà di opporsi all’istanza italiana in Corte Suprema, in cui si sostiene che la Nia non ha giurisdizione per occuparsi del caso.
Un processo interminabile
Dunque, malgrado due anni e mezzo di udienze e di intoppi burcoratici. Di cambi della guardia nella difesa dei due marò e ai vertici delle autorità politiche indiane. Malgrado le infinite maglie diplomatiche ordite inefficacemente da ben tre governi di centrosinistra che da Monti a Renzi, passando per Enrico Letta, si sono succeduti alternando vari titolari alla Farnesina, e insensibili a una massiccia campagna di solidarietà che ha mobilitato le piazze di tutta Italia, si torna nuovamente al punto di partenza: quello della formulazione delle ipotesi accusatorie suffragate da una campagna dei media indiani che continua incessantemente a oliare la macchina del fango delle recriminazioni. Risultato: i nostri due fucilieri di Marina, accusati di omicidio, continuano a essere vittime di un interminabile processo che rimette kafkianamente in discussione capi d’accusa e giurisdizioni competenti, lasciando i nostri due marò in ostaggio della magistratura di Nuova Delhi che, come confermato anche pochi giorni fa dal governo del gigante asiatico, gode di piena autonomia decisionale. Intanto, mentre grazie a un’interrogazione di Laura Comi (Forza Italia), la prossima settimana il caso sarà discusso in sessione plenaria a Strasburgo, Massimiliano Latorre rimane ricoverato all’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano per eseguire degli accertamenti di tipo neurologico: la Corte Suprema indiana valuterà lunedì prossimo l’istanza presentata dall’Italia per un’estensione del permesso accordato al marò – in scadenza il 12 gennaio – per curare i postumi dell’ischemia che l’ha colpito ad agosto. Mentre il compagno di sventura Salvatore Girone continua a rimanere in ostaggio dei giudici – e della stampa – indiani.