Migliaia di firme contro la dittatura del pensiero gender nelle scuole
Li hanno sopranominati “campi di rieducazione scolastica”. Sono le strategie persuasive di chi vorrebbe imporre alla società, in particolare nelle scuole, la cosiddetta “cultura di genere”, una visione fuorviante delle realtà familiari. Come? Nella maniera più semplice, attraverso – non a caso – gli asili e le scuole elementari, facendo leva sull’ingenuità dei bambini.
Gli “strumenti” adottati sono molteplici: si va dalle favole a sfondo sessuale raccontate ai bimbi dell’asilo, ai libretti dell’Unar, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione, dei veri e propri vademecum nati con il preciso obiettivo di educare alla diversità i piccoli. Un grimaldello per avere accesso alle semplici menti dei bambini. Una corsa in discesa, praticamente. Senonché qualcuno inizia a ribellarsi a questa logica del pensiero unico. E su Twitter nasce l’hashtag #Nogender che lancia una petizione e, in pochissime settimane, incassa oltre 60.000 firme. Così come su Facebook il gruppo “Le Manif pour tous Italia” – che espone con grande orgoglio il proprio simbolo, l’immagine stilizzata di una famiglia tradizionale, padre, madre, figlio e figlia, mano nella mano – raccoglie quasi 22.000 mi piace. Una valanga di no contro il pensiero unico della filosofia gender per plasmare le menti dei piccoli.
L’indottrinamento dei bambini voluto da Monti e Fornero
«Se raggiungerà un numero consistente di adesioni – spiega Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, una delle quattro associazioni, insieme a Pro Vita Onlus, Giuristi per la Vita, Agesc, l’Associazione genitori Scuole Cattoliche, che hanno preso le difese dei bambini martellati dalla feroce campagna di trans, gay e lesbiche -, sarà un modo per contrastare la cultura dominante secondo cui il sesso non conta nulla, si sceglie se essere uomo o donna. La scuola deve sostenere l’educazione perché bene comune e non il contrario».
Tutto nasce con il governo Monti quando l’allora premier e la mai rimpianta ministra Elsa Fornero approvano le linee guida che daranno poi vita ai cosiddetti «percorsi innovativi di formazione e aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con particolare focus sul tema Lgbt e sui temi del bullismo omofobico e transfobico».
Il trucco adottato dal governo Monti è quello di unire i due temi, quello della giusta lotta contro il bullismo, a quello dell’ignobile indottrinamento dei bambini alla sedicente cultura “gender”. Nasce, così, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali a difesa delle differenze sotto il controllo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. Il primo passo è un convegno, organizzato proprio dall’Unar, che annuncia quale saranno le direttrici d’azione. Ventinove associazione gay, lesbiche e transessuali si occupano di editare tre libretti che vengono massicciamente distribuiti nelle scuole di ogni ordine e grado partendo dalle elementari – i bimbi degli asili vengono indottrinati attraverso le favolette – fino al liceo per affermare una serie di principi che traducano in strategie operative il titolo esplicito dei tre opuscoli, “Educare alla diversità nelle scuole”.
Matrimoni anche fra cani ed esseri umani?
I concetti che, secondo il ministero, devono essere instillati nelle menti dei ragazzi attraverso gli insegnati sono subdoli e, appunto, instillati in maniera subdola. Gli insegnanti per esempio, devono incollare su un cartone, le immagini di due uomini, di due donne, di due persone bianche con un bambino nero. I bimbi, a quel punto, vengono invitati a considerare se anche quella non possa essere una famiglia. Viene anche offerta, alla valutazione dei piccoli, l’immagine di un vecchio, una ragazza e un cane. Questo, probabilmente, per soddisfare la proposta di un parlamentare grillino, Carlo Sibilia, che oltre al matrimonio gay promuove anche quello fra specie diverse.
Ma, naturalmente, questa è soltanto una delle tante chicche.
Nella strategia di indottrinamento lgbt c’è di tutto: dai consigli sui film da vedere assolutamente – da “L’altra metà del cielo”, film che esplora «le vite di donne che amano altre donne» costrette, quindi, a scontrarsi «con l’omofobia della propria famiglia» a “Kràmpack“, pellicola nella quale la masturbazione fra due ragazzi è presentata come esplorazione e «gioco» – fino a giochi di ruolo veri e propri nel corso dei quali gli insegnanti dovranno guidare i ragazzi a immedesimarsi emotivamete nei gay per provare ciò che provano gay e lesbiche.
La replica delle associazioni riunite sotto l‘hashtag #Nogender che ha incassato migliaia e migliaia di firme a favore è durissima. «In molti casi, infatti, l’educazione sessuale a scuola è priva di riferimenti morali, discrimina la famiglia e mira a una sessualizzazione precoce dei ragazzi. La libertà di espressione è un diritto per tutti proprio come è giusto non discriminare nessuno», dicono gli organizzatori che elencano una serie di punti fermi: «Rispetto del ruolo della famiglia nell’educazione all’affettività e alla sessualità. Disapplicazione della Strategia nazionale dell’Unar. Emanazione di precise direttive affinché sia rispettato il ruolo della famiglia e il diritto dei genitori, costituzionalmente garantito, ad educare i figli».
«Siamo di fronte a una vera emergenza educativa – dicono dalle associazioni no gender – Molti progetti educativi e la cosiddetta “strategia nazionale” dell’Unar, sono spesso redatti con la collaborazione esclusiva di associazioni Lgbt in violazione della nostra Costituzione ma anche della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Unicef e di diversi Decreti del presidente della Repubblica».