Una petizione per dire no all’ideologia gender nelle scuole
Non è ancora stata presentata ufficialmente e ha già raggiunto 50mila firme. È la petizione sulla “Educazione affettiva e sessuale nelle scuole”, promossa da un gruppo di associazioni pro-vita per chiedere, in sintesi, che la scuola italiana sia un luogo di educazione al rispetto delle persone e non di indottrinamento sull’ideologia gender.
I promotori della petizione
La questione è nota: in virtù di un piano presentato come anti-discriminazione il ministero dell’Istruzione e l’Unar (Ufficio nazionale anti-discriminazione) hanno lanciato una campagna che punta a convincere i bambini, fin dalla prima infanzia, che le differenze sessuali tra maschio e femmina sono «una costruzione culturale e sociale frutto dell’educazione, una sovrastruttura», spiega Toni Brandi, presidente dell’associazione Provita, che nel pomeriggio presenterà la petizione insieme a Gianfranco Amato dei Giuristi per la vita, Fabrizio Azzolini dell’Associazione italiana genitori, Carlo Casini del Movimento per la vita e Roberto Gontero dell’Associazione genitori scuole cattoliche.
La preoccupazione degli italiani
Visto il numero sempre crescente di adesione la petizione, aggiunge Brandi, «si sta trasformando in un vero e proprio family day online, a conferma del fatto che gli italiani sono molto preoccupati per questa emergenza educativa». Una emergenza non solo è lontana dal rientrare, ma rischia di diventare ancora più pressante visto che alle linee guida del Miur e dell’Unar si aggiungono anche proposte di legge che puntano a consolidare le pratiche di “indottrinamento”.
Il ddl Fedeli per promuovere il gender nelle scuole
Brandi ricorda il disegno di legge che vede come prima firmataria la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli del Pd: “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e delle università”. «Già dal titolo – sottolinea il presidente di Provita – è chiaro di cosa si tratta, quindi aggiungo un solo dato: all’articolo 6 è prevista una copertura finanziaria di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Con centinaia di famiglie che non arrivano alla fine del mese… non credo nemmeno di dover commentare».
«Giù le mani dai bambini»
«Siamo arrivati al confine con la pazzia», aggiunge Brandi, sottolineando che quella che viene portata avanti dai fautori del gender è una «ideologia neo-marxista che vuole capovolgere tutti i parametri antropologici sui quali si è basata l’umanità dalla sua nascita e che nasconde grandi interessi economici, dall’industria degli uteri in affitto a quella del cambiamento di sesso». «Ci sono diversi studi che dimostrano che nei Paesi in cui è stata introdotta l’ideologia gender, come la Gran Bretagna e l’Australia, sono stati prodotti grandi danni e i primi a farne le spese sono stati i bambini». «Giù le mani dai bambini», conclude Brandi, sottolineando che la petizione e le altre iniziative simili rappresentano, prima di tutto, «una battaglia in nome della ragione e del buon senso».