Renzi, paladino della grande finanza, vuole abbattere le banche popolari

19 Gen 2015 16:14 - di Silvano Moffa

Giù le mani dal  credito cooperativo. Le banche popolari, artigiane e rurali hanno segnato la storia economica e finanziaria del nostro Paese. Nascono con l’Unità d’Italia. Nell’immnediato dopoguerra sono stata fonte primaria per raccogliere risparmio e impiegare risorse nella costruzione del modello del Made in Italy che ci ha fatto conoscere nel mondo, e ha dato corpo e forza ad un tessuto imprenditoriale, composto di una miriade di piccole e medie imprese. Legate al territorio, e del territorio espressione diretta, le casse rurali e artigiane hanno fatto del “piccolo è bello” motivo di orgoglio e sistema di tenuta rispetto al gigantismo, senza anima e senza volto, della grande finanza traboccante e invasiva.

La concezione mutualistica della finanza

Nella dimensione locale hanno dato spessore ad una cultura comunitaria, aggregata intorno ad un nucleo sociale solido, capace di dare linfa vitale allo sviluppo, valore al rapporto personale con i soci e i correntisti. Un volto umano e umanizzante, se volete, nato e cresciuto con quella concezione mutualista del credito, di cui la cultura cattolica è stata da sempre sostenitrice. E’ forse proprio qui, in questa valenza popolare, territoriale, comunitaria che sfugge alle logiche macrofinanziarie su cui si crogiolano le grandi concentrazioni bancarie, quei colossi dai piedi di argilla perforati dai titoli pezzatura che hanno mandato in frantumi le economie occidentali e sul lastrico gli Stati democraticie e capitalisti, è in questo loro essere un “unicum”, distinto e distante dai  poteri forti, che le banche cooperative trovano oggi i più perfidi nemici. C’è chi v0rrebbe farle scomparire, trasformarle in società per azioni, offrirle in pasto a fusioni, maneggi macrospeculativi, assorbimenti vari.

Improprio ricorso al decreto legge

I nemici si chiamano Banca d’ItaliaMatteo Renzi. Sì, proprio il premier della finanza sfrontata, laica e gaglioffa è diventato ormai il paladino indefesso, tanto impudico da annunciare persino che la rifoma delle Banche popolari e di credito cooperativo si farà con lo strumento del decreto legge. Come se questa fosse materia di decreto legge.  “I decreti si usano per i casi di necessità e di urgenza – ha ricordato Maurizio Gasparri – In questa materia al massimo il governo potrebbe proporre un disegno di legge per intavolare un confronto. Le banche cooperative e popolari vanno rispettate e salvaguardate, non massacrate con interventi dissennati”. Appunto. Qui si vuole distruggere il senso del risparmio. Si mette in discussione etica e responsabilità nell’impiego del credito. Essere banca cooperativa significa essere una società di persone e non di capitali. Significa mettere la persona al centro, affermare valori che si chiamano solidarietà, partecipazione, associazionismo. Esattamente quel che non appartiene al modello delle grandi concentrazioni bancarie. Esattamente quel che dà fastidio alla grande finanza. E disturba la sfrenata megalomania dell’inquilino di Palazzo Chigi.

 

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