Siria, liberate Greta e Vanessa. Pagato un riscatto di 12 milioni di dollari?
Arriva dal tweet di un canale della rete televisiva Al Jazeera la prima indiscrezione: «Il fronte Al-Nusra libera le due donne italiane trattenute da inizio del mese ad Aleppo, in Siria». Poi, a cascata, gli altri social. E’ così che arriva la notizia che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite nel nord della Siria lo scorso 31 luglio sono state liberate dall’ala siriana di Al Qaida. Una notizia che nei primi momenti viene gestita con grandissima cautela e un bassissimo profilo dalle istituzioni italiane. La Farnesina sceglie inizialmente il silenzio. E interpellata dall’Ansa, preferisce non commentare in attesa di verifiche più approfondite. Anche una fonte diplomatica interpellata a Beirut concede solo: «Sono in corso verifiche» sulla voce riguardante la liberazione di Greta e Vanessa sottolineando di non essere in grado di confermare il rilascio delle due giovani. Poi arriva la conferma ufficiale da Palazzo Chigi. E l’aula della Camera dei deputati si scioglie in un lungo ed unanime applauso quando il ministro Maria Laura Boschi comunica all’assemblea «una bella notizia. Greta e Vanessa sono state liberate».
Ma, subito dopo, ecco l’interrogativo che avvelena la vicenda: «Greta e Vanessa hanno esposto loro stesse e l’intero Stato italiano a una situazione di rischio e difficoltà coscientemente con la loro volontaria presenza in un Paese in gravi condizioni e una pesante presenza del terrorismo – ricorda Fratelli d’Italia – Finita la fase di legittima soddisfazione, serve che il ministro Boschi ci dica se è in grado di escludere che da qualunque fonte di finanziamento pubblico sia stato speso un centesimo per riportare le due ragazze a casa».
12 milioni di dollari per finanziare le “turiste” delle Ong
«La liberazione di Greta e Vanessa è una splendida notizia. Il Governo riferisca in Aula sui dettagli e su Padre Dall’Oglio in mano all’Isis in Siria», rincara la dose su Twitter Giorgia Meloni.
E il segretario federale della Lega Matteo Salvini annuncia subito un’interrogazione: «La liberazione delle due ragazze mi riempie di gioia ma l’eventuale pagamento di un riscatto che permetterebbe ai terroristi islamici di uccidere ancora sarebbe una vergogna per l’Italia. Presenteremo oggi stesso un’interrogazione al ministro degli Esteri per appurare se sia stato pagato un solo euro per la liberazione delle due signorine».
E c’è già chi parla di cifre pagate con i soldi degli italiani: «Pare che siano stati dati ai terroristi 12 milioni di dollari per la liberazione di Greta e Vanessa – rivela in aula, il deputato leghista Nicola Molteni – Se confermato si tratterebbe di un fatto assai grave, vista l’emergenza estremista, su cui il governo dovrebbe dare risposte esaustive. Il primo pensiero va alle famiglie. Va detto però che noi non abbiamo mai condiviso né giustificato le motivazioni della loro missione pseudomondialista. Se confermata la trattativa con i terroristi si tratterebbe di un fatto molto grave. Questa vicenda deve imporre al governo una riflessione sull’atteggiamento che sta tenendo di fronte all’avanzata del rischio terroristico, confermata dalla recente inchiesta della Procura di Roma su dieci presunti jihadisti già in attività nei nostri territori». Anche un tweet dei ribelli conferma: pagati 12 milioni di dollari.
Aleggia pesante il sospetto che le due ragazze che manifestavano in Italia a favore dei ribelli siriani prima di essere rapite siano state trattate con i guanti bianchi a discapito di altri rapiti. Ad iniziare dal gesuita romano padre Paolo Dall’Oglio, forse sacrificato sul terreno del marketing politico e della ragion di Stato assieme all’altro italiano scomparso da tempo all’estero e di cui si sono perse completamente le tracce, il cooperante palermitano Giovanni Lo Porto. Di Lo Porto si sono completamente perse le tracce dal 19 gennaio 2012, quando scomparve nella provincia pachistana di Khyber Pakhtunkhwa. L’uomo, 39 anni, si trovava nella regione per la ong Welt Hunger Hilfe (Aiuto alla fame nel mondo) e si occupava della costruzione di alloggi di emergenza nel sud del Punjab. Per padre Dall’Oglio, 60 anni, rapito in Siria a fine luglio 2013, le ultime informazioni risalgono a circa un mese fa, quando fonti siriane lo davano per detenuto in una delle prigioni dell’Isis a Raqqa. Una circostanza che non aveva trovato conferme da parte del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Partite sotto la bandiera del pseudovolontarismo straccione
Sotto la bandiera di un pseudovolontarismo, le due italiane avevano fondato il Progetto Horryaty, una sedicente ong di solidarietà per la Siria, che ufficialmente si occupava di attività nel settore sanitario e idrico e che non rientrava neanche fra le 232 ong riconosciute dalla Farnesin. In realtà le due occupavano buona parte del proprio tempo ad inneggiare ai ribelli siriani organizzaziondo manifestazioni ed eventi in loro sostegno in giro per l’Italia. Poi, dopo una serie di esperienze, sono partite per la Siria con una leggerezza che la dice lunga e che, ora, consente agli italiani, giustamente, di pretendere spiegazioni serie e ineludibili sul riscatto pagato: «Sono partite come i vecchi pellegrini di una volta, con la bisaccia e la cintura, convinte così di poter aiutare ed alleviare le sofferenze di quei popoli. Il problema è che l’organizzazione con cui hanno deciso di operare non aveva la necessaria copertura», spiega Giuseppe Esposito, vicepresidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza. Insomma si sono infilate in una trappola micidiale costringendo poi il governo italiano – e, quindi, gli italiani – a sborsare soldi per la loro liberazione e a rischiare la vita di diversi 007 italiani.