Sposa-bambina nel campo rom: altra storia di menzogne e mezze verità

14 Gen 2015 19:55 - di Antonella Ambrosioni

Ha ritrattato in aula le accuse al marito e al suocero dicendo che nessuno l’aveva costretta a rubare, ma che aveva denunciato i fatti solo perché gelosa. L’effetto: assoluzione di entrambi gli imputati dall’accusa di riduzione in schiavitù, con la formula «perché il fatto non sussiste». Si è concluso così il processo a Krasim e Clinton Rustic, padre e figlio rom di origine serbo-bosniaca, accusati di riduzione in schiavitù per una vicenda che nel 2013 ebbe grande risalto. Secondo l’accusa, Clinton Rustic, dopo aver preso in sposa una 14enne rom di origini macedoni, l’aveva costretta a rubare. Mai avrebbe immaginato che la moglie-bambina si sarebbe ribellata ritornando dai genitori. E, non contento, con la complicità del padre, aveva rapito la ragazzina, chiedendo 30mila euro per “liberarla”. Furono i carabinieri a ricostruire in aula l’indagine.

Costretta a rubare

Durante un pattugliamento nel campo nomadi La Barbuta di Campino, dissero di aver notato un gruppo di circa 70 persone discutere animatamente, e, alla loro vista, una ragazzina svincolarsi dicendo di non volere tornare nel campo di Castel Romano dove viveva con il marito Clinton. Secondo la ricostruzione accusatoria, i due “gruppi” (da una parte i macedoni del campo della ragazzina; dall’altra i serbo-bosniaci del marito) si contendevano la sposa-bambina che aveva “rotto il patto” con quel marito che la costringeva a rubare sugli autobus o per le vie del centro. Il processo, davanti alla Corte d’assise di Roma, presieduta da Anna Argento, ha fatto registrare alcuni colpi di scena. Inizialmente fu la madre della ragazzina a negare tutto; poi, la stessa sposa-bambina (nel frattempo ritornata col marito e adesso in stato interessante) ha negato ogni cosa dicendo che aveva denunciato i fatti solo perché in preda a una crisi di gelosia. Oggi, la ritrattazione ha portato all’assoluzione di Krasim e Clinton Rustic (anche il pm ne ha chiesto l’assoluzione) e alla trasmissione degli atti alla procura dei minorenni per valutare l’esistenza del reato di falsa testimonianza della ragazzina.

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