Tsipras e Orban: da sinistra a destra è sfida dei popoli all’euroburocrazia
Prosegue in Grecia la “rivoluzione Syriza”: in netta controtendenza con la linea seguita dal predecessore Samaras, il nuovo governo intende riassumere circa 3.500 statali licenziati con un precedente sistema di valutazione e di messa in mobilità definito “punitivo” dal viceministro delle riforme amministrative Katrougalos. I provvedimenti saranno annullati e circa 3.500 statali, soprattutto addetti alle pulizie, custodi scolastici e insegnanti di educazione tecnica saranno reintegrati. Faticosamente, la Grecia avvia un dialogo difficile con l’Europa anche se i toni restano tesi e non basta a stemperarli la visita ad Atene del presidente dell’Europarlamento Martin Schulz. Il presidente della Commissione Jean Claude Juncker ripete il ‘no’ dell’Europa alla soluzione di Syriza, cioè la cancellazione del debito ma l’Ue è ora costretta a trattare sulla linea contestata dell’austerity.
Il modello Orban
Anche in politica estera, con la sua opposizione alle sanzioni anti-Putin, la Grecia disegna fisionomie alternative alle strategie prevalenti a Bruxelles contribuendo a rafforzare il fronte di quei governi, come quello di Viktor Orban in Ungheria, che godono di forte consenso attraverso un mix di politiche populiste e nazionaliste. I risultati di Orban del resto – anche se si rafforzano le accuse a Budapest sul fronte del mancato rispetto dei diritti civili – sono sotto gli occhi di tutti: il tasso di disoccupazione è sceso di due punti, il Pil nel 2014 è cresciuto del 3,2%, il deficit di bilancio è restato sotto il 3% per il quarto anno consecutivo. Segno che l’indipendenza dall’euro-burocrazia dà frutti concreti. E chissà che la rivoluzione Syriza non finisca per accompagnarsi al modello Orban nel cammino verso la nuova Europa dei popoli.