VERSO IL QUIRINALE – Così Tatarella svelò gli affari di Prodi e Nomisma
La sua ex-portavoce, la giornalista Sandra Zampa, oggi vicepresidente del Partito Democratico, ci ha perfino scritto un libro. E in quelle pagine c’è tutto l’amaro destino di Romano Prodi nella prospettiva del Quirinale: l’eterno candidato sfigato, puntualmente preso per le orecchie, tirato fuori dai un cilindro e proposto agli italiani come capo dello Stato e, altrettanto puntualmente, gettato nel cassonetto come un rifiuto non riciclabile. Fino alla volta successiva. Era già accaduto nell’aprile del 2013. Fu una delusione cocente per il prof bolognese. Passati due anni sembra che l’uomo non abbia imparato la lezione. Oramai lo stesso Prodi lo sa. Ma la vanità personale dell’uomo non gli consente di capire subito il trappolone e, in fondo in fondo, sempre un po’ ci spera. D’altra parte non si può dire che l’ex-premier si sia fatto amare dagli italiani. Il suo cursus honorum è un florilegio di vicende mai veramente chiarite. Con un curriculum così tutto si può immaginare meno che gli italiani immaginino il Professore come prossimo inquilino del Colle.
Riprononiamo qui di seguito, a futura memoria, la liason fra Prodi e Nomisma, la società di consulenza che Prodi fondò 34 anni fa. Un pozzo senza fondo dove sono finiti milioni e milioni di euro degli italiani.
Il 6 dicembre 1996, Giuseppe Tatarella chiede l’Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla regolarità dell’attività svolta dalla Nomisma Spa. Quella Commissione, naturalmente, non fu mai fatta perché avrebbe significato alzare il velo sugli affari di un’intera classe politica. Ma oggi, a rileggere quel documento, si rimane esterefatti per la sua attualità. E ci si chiede con quale faccia il centrosinistra si permetta di riproporre di nuovo Romano Prodi agli italiani.
«La Nomisma spa è stata costituita il 21 marzo 1981 dal presidente della Banca nazionale del lavoro (BNL), dottor Nerio Nesi, e dal professor Romano Prodi, per la promozione di ricerche sull’economia reale del Paese nell’interesse della banca patrocinatrice e di committenti pubblici o privati. Il capitale sociale iniziale è di lire 500 milioni: 495 milioni sottoscritti dalla BNL e 5 milioni da Prodi, che il giorno dopo, però, cederà la sua quota alla prima.
All’epoca il professor Prodi, oltre che titolare di cattedra presso l’Università di Bologna, è anche consulente economico della BNL ed assume subito la carica di presidente del comitato scientifico di Nomisma (che terrà ininterrottamente dal 1981 al 1995). Direttore generale viene nominato il dottor Ponzellini che funge anche da “procacciatore d’affari” per la società.
Il bilancio del primo anno di attività è positivo: il fatturato supera infatti i 2 miliardi di lire con un utile di 26 milioni. Principali clienti sono l‘Italsider (gruppo IRI), la Fiera di Bologna e diversi costruttori. L’anno successivo, quando Prodi è già un manager pubblico, il capitale sociale viene aumentato a lire 2 miliardi, il fatturato raddoppia (4 miliardi), l’utile sale a 32 milioni. Tra i committenti fanno il loro ingresso importanti società, come la SIP, ed enti pubblici come il Ministero degli Affari Esteri.
La svolta si ha nel 1984 quando aumentano sensibilmente i committenti, che passano dai 6 iniziali a 50 e, conseguentemente, anche i dipendenti che diventano 20, più 87 collaboratori. Il fatturato raggiunge in quell’anno circa i 5 miliardi di lire. Principali clienti (più dei due terzi) sono organismi pubblici e società a partecipazione statale, come l‘Italstrade (gruppo IRI, ovviamente). Negli anni successivi troviamo altri clienti eccellenti come l’ENEL, l’Enichem, il Mediocredito Centrale, l’ENEA.
Dal 1989, anno in cui Prodi lascia la presidenza dell’IRI (che ricopriva dal 1982), Nomisma comincia a registrare consistenti deficit di bilancio: lire 544 milioni di perdite in quell’anno e 2 miliardi nel 1990. Nel 1991 il “buco” supera addirittura i 2 miliardi e mezzo di lire.
Ormai sull’orlo del fallimento, Nomisma riprende ossigeno grazie alle Ferrovie dello Stato che “provvidenzialmente”, nel 1992, le affidano una commessa miliardaria.
Prima di entrare nel merito di quest’ultima è però opportuno approfondire gli aspetti del ruolo operativo del professor Prodi nella società bolognese.
L’inchiesta del giudice Casavola sul boiardo di Stato
Citiamo al riguardo le risultanze dell’inchiesta portata avanti negli anni ottanta dal giudice istruttore, dottor (Mario Antonio) Casavola, proprio su Nomisma. «E’ indubbio – scrive infatti il magistrato – che il professor Prodi ha esercitato un’elevata autorità in Nomisma e il Comitato scientifico da lui presieduto è una struttura dominante rispetto al Consiglio di amministrazione e all’assemblea dei soci. Il professor Prodi nomina i collaboratori esterni e i componenti del comitato stesso e attraverso le convocazioni periodiche del comitato, esamina preventivamente le proposte di attività avanzate dal direttore generale, ne valuta interesse, convenienza, rilievo finanziario: segue lo stato di avanzamento degli studi sulla base di periodici rapporti del responsabile della ricerca. Il professor Prodi esercita la sua autorità anche nella scelta dei componenti del Consiglio di amministrazione, da lui designati sin dall’inizio e presenzia ai consigli di amministrazione e alle assemblee. Il consiglio di amministrazione, al contrario, si riunisce raramente e in occasione delle assemblee ordinarie o straordinarie che si tengono più spesso a Roma che a Bologna (….)».
Dall’indagine di Casavola emerge l’indiscusso controllo di Nomisma da parte del professor Prodi. Dal momento della sua costituzione in poi le vicende della società sono sempre state legate alle fortune politiche ed imprenditoriali del suo fondatore. Sembra quasi che il “professore” finalizzi il suo impegno di potente boiardo di Stato alla crescita della propria creatura.
Appena alla guida dell’IRI l’attuale Presidente del Consiglio dei ministri finge di ignorare l’esistenza di uffici preposti alle ricerche ed alle analisi economiche, sociali e di mercato e fa affidare gran parte delle stesse a Nomisma. Se si presta, infatti, attenzione alla data dell’insediamento di Prodi al vertice del colosso pubblico, 3 novembre 1982, si può notare come la stragrande maggioranza di queste commesse siano state concluse e gestite successivamente.
Del resto, sempre il giudice Casavola, negli atti relativi alla citata inchiesta, sottolineava come trasparisse da più parti «un giudizio di inopportunità in ordine all’avere consentito, nella duplice veste, ricerche e di averle gestite con Nomisma allorquando i committenti erano società IRI e per non aver tempestivamente informato il Comitato di Presidenza» ed ancora come fosse indubbio che «le commesse furono volute per aiutare Nomisma che aveva bisogno di lavorare» e che «è verosimile l’idea che le stesse siano state affidate dalle società IRI perché a richiederle erano il presidente (….)».
Il tanto stigmatizzato dalla sinistra “conflitto d’interesse” era più che mai evidente nel caso di Prodi, che dirigeva ad un tempo un ente pubblico e una società che dallo stesso riceveva strapagate commesse.
Violata la determinazione della Corte dei Conti
Nell’affidare questi incarichi di consulenza, Prodi contravveniva anche ad una precisa determinazione della Corte dei Conti (n. 870 del 2 luglio 1966) enunciante il principio secondo il quale «l’ente pubblico deve provvedere alle esigenze connesse con l’espletamento della propria attività mediante l’utilizzazione del personale interno e solo in casi eccezionali, all’uopo da motivare, può fare ricorso alla consulenza di estranei e in ogni caso per un periodo di tempo determinato».
Sempre la Corte dei Conti, con un’altra determinazione, la n. 1838 del 1985, nel riferire sulla gestione finanziaria dell’IRI per l’esercizio 1984, riaffermava che «il ricorso alle consulenze esterne doveva avere carattere eccezionale, non ripetitivo e non continuativo».
A giudizio della magistratura contabile, la natura delle ricerche commissionate dall’IRI non giustificava il ricorso a consulenze esterne anche perché «gli argomenti trattati non presentavano aspetti di particolare attualità o complessità».
Anche il collegio sindacale dell’IRI, nella seduta del 9 gennaio 1985, esprimeva la propria perplessità circa l’oggetto delle prestazioni, rilevando la «eccessiva frammentazione e ripetitività degli incarichi conferiti a soggetti diversi relativamente ad argomenti sostanzialmente identici o quanto meno strettamente analoghi» e in proposito chiedeva di conoscere «se le consulenze fossero state in verità espletate».
Il fatto che queste ultime avessero un carattere di scarsa utilità è dimostrato dalla limitatissima risonanza che le ricerche elaborate hanno avuto. Non sembra, infatti, che siano state mai lette o utilizzate per le esigenze in previsione delle quali erano state richieste.
Consulenza del Mae affidata a Nomisma a trattativa privata
L'”Oscar” dell’inutilità spetta comunque allo studio che nel 1983 il Ministero degli Affari Esteri commissiona a Nomisma, senza uno “straccio” di gara ma rigorosamente a trattativa privata. La ricerca riguardava venti aree geografiche di prioritario interesse in relazione alle attività svolte dall’allora Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo. Il costo della Convenzione ammontò a 5 miliardi e 700 milioni di lire, ai quali si aggiunsero altri 150 milioni per un’analisi relativa agli effetti della Cooperazione sul sistema produttivo italiano.
L’ufficio di ragioneria del Ministero del Tesoro, distaccato presso il Ministero degli Affari Esteri, inizialmente respinse la Convenzione richiedendo, dopo prolungate discussioni, che fossero acquisiti almeno i pareri richiesti dalla legge.
Sempre il giudice Casavola evidenziò come la Convenzione fosse illegittima «perché ai sensi della normativa allora vigente, occorreva per la stipula una preventiva deliberazione del Comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES)».
Chiara, quindi, in quella vicenda come in altre, appare la volontà di eludere l’applicazione delle norme e di favorire Nomisma, attribuendole remunerate ed inutili consulenze.
Ciò è desumibile da altri due fatti obiettivi e cioè l’anticipazione concessa sui compensi pattuiti e l’elevato costo della ricerc.
Infatti, il 30 luglio 1983, appena 15 giorni dopo la ratifica della Convenzione, furono anticipati dal Ministero degli Affari Esteri prima 900 milioni di lire e successivamente altri 300 milioni.
Tale consulenza desta molte perplessità anche perché riferita a ricerche in un settore nel quale Nomisma non vantava alcuna competenza specifica: la qualità dello studio, del resto, lo dimostra ampiamente. Infatti dall’esame dei documenti appare chiaramente come la stessa fosse svolta soprattutto con la lettura di testi chiesti in prestito a biblioteche internazionali e con frequente ricorso al subappalto, peraltro vietato contrattualmente.
Interrogato dal giudice Casavola, il senatore Forte, a lungo responsabile della Cooperazione, pronunciò un giudizio molto negativo sulla validità dell’opera sottolineando come la stessa si riferisse a «documentazione invecchiata, superficiale, in gran parte copiata su altre fonti di accesso come enciclopedie geografiche e annuari statistici, senza alcuna analisi dei problemi dei Paesi in questione ai fini di eventuali interventi».
La consulenza sulla velocità di spostamento delle capre
Inoltre, è interessante rilevare come gli studi prodotti sembra non siano stati consultati neanche dai cosiddetti addetti ai lavori. Non poteva essere altrimenti visto che gli stessi rappresentano quanto di più risibile si possa immaginare, risultando mal “scopiazzati” da vari testi e vertendo su argomenti di “estremo interesse” come il tasso di natalità degli asini somali o la velocità di spostamento di capre, pecore e cammelli nel deserto.
Del resto i ricercatori “prestigiosi” (come Nomisma è solita definire i suoi collaboratori), che lavorarono all’elaborazione dello studio, erano nient’altro che dei giovani neolaureati che venivano spediti per vari giorni nei Paesi oggetto della ricerca.
Per questa vicenda furono rinviati a giudizio dal giudice istruttore Casavola, per il reato di peculato, due dirigenti di Nomisma ed alcuni alti funzionari del Ministero degli Affari Esteri. Il processo si concluse in una mattinata e furono tutti assolti. Sorprendente fu il comportamento del pubblico ministero che si comportò da difensore. Inoltre, non fu tenuta in alcuna considerazione la testimonianza del senatore Francesco Forte che conteneva elementi di estremo interesse.
Il clima era quello degli anni Ottanta, prima della rivoluzione di “Mani Pulite“, di forte condizionamento della magistratura. Realtà, tra l’altro, rievocata dal giudice Casavola nella scorsa primavera. In una deposizione resa spontaneamente dinanzi ai giudici di Milano, nell’ambito dell’inchiesta sull’ufficio del giudice per le indagini preliminari di Roma, il magistrato ha ricordato come intorno all’istruttoria su Nomisma si siano intrecciate pressioni di ogni tipo. Casavola ha parlato di raffiche di interventi finalizzati a condizionare il procedimento giudiziario.
Una ricerca per le Ferrovie costata 5.500 lire a parola
Vicenda ancora più scottante e sospetta è quella relativa al rapporto Prodi-Nomisma-Ferrovie dello Stato. Nel gennaio del 1992 l’allora amministratore straordinario delle Ferrovie dello Stato, Lorenzo Necci, costituisce due società. La prima è la TAV cui fa capo la costruzione del sistema alta velocità; la seconda è Metropolis, incaricata di gestire il patrimonio immobiliare delle Ferrovie dello Stato. Necci, inoltre, istituisce un Comitato per le aree urbane, presieduto dalla senatrice Susanna Agnelli, e nomina Prodi Garante per l’Alta Velocità con il compito di valutare le conseguenze della sua realizzazione. Incarico che il professore riveste per quasi un anno e mezzo, sino al maggio 1993, quando ritorna alla guida dell’IRI.
Nel 1992, su segnalazione di Prodi, come gli interessati hanno ammesso, Nomisma ottiene dalla Italferr-Sistav Spa, una società di ingegneria controllata per il 95 per cento dalle Ferrovie dello Stato e per il restante 5 per cento dal Banco San Paolo di Torino, una commessa per l’elaborazione di ventiquattro ricerche sull’impatto ambientale relativo alla realizzazione dell’Alta velocità. Per questo lavoro, e per altri quattro commissionati da diverse società delle Ferrovie dello Stato, l’istituto bolognese riceve 9 miliardi e 700 milioni di lire in sei anni, che rappresentano il 20 per cento del fatturato di Nomisma in quel periodo. La ricerca, divisa in 39 volumi (5200 pagine), secondo calcoli de Il Giornale di Feltri è costata quasi 2 milioni di lire a pagina, praticamente 5.500 lire a parola. Un costo esorbitante soprattutto se confrontato con il contenuto.
Esaminandolo, infatti, capita spesso di imbattersi in banalità del tipo: «Occorre realizzare l’Alta Velocità perché il treno così è più veloce», oppure: «La zona della stazione Termini era un tempo linda e simpatica e poi si è degradata» e ancora (sempre su Termini): «La zona è principalmente frequentata da immigrati, in particolare extracomunitari, e vi sono localizzate in misura prevalente piccole pensioni molto degradate». Per queste “argute analisi” il contribuente ha sborsato 10 miliardi di lire! Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta dalla Procura di Roma che ha recentemente disposto la perquisizione della sede bolognese di Nomisma ed il sequestro di una voluminosa documentazione.
Del rapporto tra Ferrovie dello Stato e Nomisma hanno parlato, in alcune conversazioni intercettate “marci”.
Oltre tre miliardi di lire per consulenze dal Corpo Forestale
Ma non ci sono solo le Ferrovie dello Stato. Numerosi altri organismi pubblici hanno avuto rapporti con Nomisma. Il Corpo Forestale dello Stato, per esempio, nel 1985 ha commissionato all’istituto bolognese il Piano forestale nazionale per la “modica” cifra di 2 miliardi di lire. Sempre il Corpo forestale ha affidato alla società bolognese, negli anni che vanno dal 1987 al 1992, altri studi per complessivi 1 miliardo e 280 milioni di lire.
Tra i suoi clienti Nomisma ha annoverato anche la Fisvi, presieduta da Saverio Lamiranda, che acquistò dall’IRI il gruppo alimentare Cirio-Bertolli-De Rica, rivendendo successivamente il comparto olio (Bertolli) all’Unilever, la multinazionale olandese di cui Romano Prodi è stato consulente. Questi legami di Nomisma con Fisvi dimostrano come già prima del 1993, anno della vendita incriminata che è costata a Prodi la richiesta di rinvio a giudizio, quest’ultimo conoscesse Lamiranda.
Molto sospette sono anche le fulgide carriere di molti ricercatori che hanno ottenuto importanti incarichi di lavoro o di consulenza, in aziende delle Partecipazioni Statali, dopo aver collaborato con Nomisma.
Un filone poi ancora da indagare, sia dal punto di vista giudiziario sia giornalistico, è quello dei rapporti di Nomisma con le Amministrazioni Locali per la redazione delle richieste di finanziamenti comunitari. Solo nel periodo che va dal 12 luglio al 14 settembre 1996, la società bolognese ha assistito, a pagamento, circa 1000 Comuni ed enti pubblici.
Consulenze da 1.000 Comuni per i finanziamenti europei
L’acme dell’indecenza lo ha comunque raggiunto, nell’ottobre scorso, il presidente della Amministrazione provinciale di Bologna, Vittorio Prodi, fratello di Romano, che ha esplicitamente invitato le amministrazioni comunali a rivolgersi a Nomisma per istruire le pratiche di finanziamento CIPE.
Il 26 gennaio 1996, inoltre, Nomisma, in associazione temporanea d’impresa con la Cles (diretta dal professor Paolo Leon, iscritto al PDS), è stata ufficialmente selezionata dal Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica per l’affidamento di servizi di assistenza tecnica e monitoraggio per i fondi strutturali comunitari, di competenza dei Ministeri. Insomma, Nomisma ha provocato, a suo favore, una chiara distorsione della concorrenza, ottenendo commesse non per la propria presunta qualificata competenza ma solo per gli indubbi appoggi politico-imprenditoriali dei quali ha goduto e continua a godere. Situazione che ha arrecato non pochi danni agli altri operatori del settore avendo assicurato alla societa bolognese una posizione dominante, certamente illegittima soprattutto ai sensi della normativa comunitaria vigente.
E proprio per fare luce su questa anomalia, che coinvolge il Presidente del Consiglio dei ministri, con la presente proposta di legge si intende istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sull’attività svolta dalla Nomisma Spa.