La vita e la storia di Almirante nel libro di Aldo Grandi
«Giorgio Almirante, ricoverato d’urgenza per ischemia cerebrale nella clinica romana “Villa del Rosario”, muore il 22 maggio 1988, un mese prima di compiere settantaquattro anni. Per i parametri attuali non è un vecchio, ma di sicuro sulla sua forte fibra hanno pesato decenni di militanza appassionata, prima come fascista nel Regime e nella Repubblica Sociale, poi come leader del Msi – il partito nato “per non rinnegare e non restaurare” ma fiero delle proprie radici, con annessi e connessi ideali, valori, miti ecc. – e attivissimo parlamentare, infine come alfiere di una Destra Nazionale che, per far riferimento a un celebre slogan, avesse “nostalgia del futuro” piuttosto che del passato. Nel maggio dell’88, insieme ad Almirante, se ne vanno comunque un mondo e un modo d’essere. E lo sa bene Donna Assunta Stramandinoli, che sta accanto al suo Giorgio fino all’ultimo e che in seguito sarà tenace e vivace custode della sua “eredità di affetti”». E’ quanto scrive Mario Bernardi Guardi recensendo su Il Tempo il libro di Aldo Grandi “Almirante. Biografia di un fascista”, edito da Sperling & Kupfer. Come è noto, la Fondazione Alleanza Nazionale ha ricordato il centenario della nascosta dello storico fondatore del Msi con una serie di convegni e manifestazioni in tutta Italia.
Il “coccodrillo” di Montanelli
«A scrivere il “coccodrillo” più schietto e polemico dedicato al leader missino – ricorda Bernardi Guardi – fu Indro Montanelli. Ma forse sbagliamo a chiamarlo “coccodrillo”: si tratta piuttosto di un elogio funebre. Di Almirante vengono messe in risalto intelligenza, passione, onestà, capacità strategiche e tattiche, fedeltà alla propria giovinezza ma anche volontà di rinnovarsi. E poi chissà cosa avrebbe potuto provocare il terrorismo nero, “se avesse avuto il supporto, anche solo morale, di un partito organizzato”! Invece Almirante sconfessò ogni tentazione eversiva, si battè come un leone in Parlamento e sulle piazze, volle, fortissimamente volle, dar vita a un partito moderno, che facesse politica con gli strumenti della democrazia. Conclusione? Almirante era “uno di quei pochi politici cui si poteva dare la mano senza paura di sporcarsela”. Grandi è d’accordo: ma non c’è nulla di agiografico nella sua biografia. Documenti, piuttosto, e, più o meno esplicitato, l’invito a capire, a riflettere, a dibattere. Su luci ed ombre di una vita, e senza pregiudizi né prediche. Fu un fascista? Certo, e con tutti gli adattamenti richiesti dalla storia e dalla politica, lo restò sempre. Di nulla pentendosi, anzi confermando spesso il suo attaccamento al passato e in particolar modo alla figura di Mussolini. Ma prendendo le distanze dalle battaglie antisemite combattute, da brillante redattore, sui giornali di Telesio Interlandi, e cioè Il Tevere e La Difesa della Razza. Mea culpa, confessava Almirante, aggiungendo che, comunque, era sempre stato distante dal razzismo iologico di stampo nazista».