Anche sull’Ucraina la Mogherini resta esclusa da tutto. Ma a che serve?
Se c’è un’immagine che meglio di ogni altra considerazione rende meglio la sostanziale inutilità delle istituzioni politiche europee è quella di Federica Mogherini, già titolare della Farnesina ed ora Alto appresentante (in quota Italia) per la politica estera, il cui acronimo – Pesc – rinvia più ad attività ludico-ricreative che alle sottili e complesse arti diplomatiche. La Mogherini oggi ha commentato gli esiti – parzialmente positivi – del vertice di Minsk sulla crisi russ-ucraina cui, oltre ai duellanti Putin e Poroshenko, hanno partecipato Angela Merkel e Francois Hollande, ovvero i capi di governo dei due Stati che politicamente contano nel Vecchio Continente.
La Mogherini ridotta a portavoce di decisioni altrui
La Mogherini era irrimediabilmente fuori, relegata a ruolo di portavoce di quelli che invece hanno negoziato ed infine deciso il “cessate il fuoco”, cioè una tregua che solo le prossime ore ci diranno se fragile o preludio ad un vero e proprio accordo di pace. «Oggi ai colloqui di Minsk si è fatto un passo avanti molto importante ma non risolutivo», è la chuiosa sussiegosa di lady Pesc che con sovrano sprezzo del ridicolo lancia un indecifrabile appello a «tutte le nostre energie per consolidarlo».
Il “cessate il fuoco” deciso dal tavolo dei “Quattro”
Ma la Mogherini è la prima a rendersi conto che la risoluzione del contenzioso tra Mosca e Kiev è questione ormai avocata al tavolo dei “quattro” e per questo è costretta a mettere le mani avanti: «Come Unione Europea – ha assicurato – abbiamo sostenuto questo sforzo in ogni modo, non solo tifando, ma lavorando concretamente perché questo fosse possibile a livello diplomatico. E ora stiamo lavorando in queste ore per mettere in moto tutti gli strumenti che la Ue ha a disposizione per facilitare la realizzazione degli accordi. Ne discuteremo oggi». In ogni caso – sempre secondo l’Alto rappresentante – nel Consiglio non si dovrebbe parlare di «nuove sanzioni».