Epatite C, class action contro la vendita del farmaco a 80mila euro
Una compressa costa ben 2.000 euro. E, per la cura completa, i malati sono costretti a sborsare di tasca propria la cifra incredibile di 80.000 euro. Una cura per ricchi, insomma. Anzi, per milionari in euro. E’ questo il prezzo chiesto ai malati di epatite C dall’azienda produttrice del farmaco Sofosbuvi per salvarsi dalla malattia infettiva che colpisce gravemente il fegato. Insomma, di Epatite C si può guarire ma il farmaco per debellare la malattia costa in Italia un occhio della testa. Per questo ora alcuni malati, assistiti da uno studio legale di Parma, hanno chiesto ai giudici di Roma, Parma e Milano un provvedimento urgente perché il Ministero della Salute e l’azienda produttrice forniscano «immediatamente la cura completa» del farmaco Sofosbuvi, «ponendo le spese a carico del Servizio Sanitario Nazionale».
Nel ricorso d’urgenza ex articolo 700 del Codice di Procedura civile, con cui si sollecitano i provvedimenti immediati, si chiede di «ordinare al Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, e in solido all’Azienda Farmaceutica Gilead Sciences, in persona del legale rappresentante pro tempore, l’immediata cessazione della condotta sino a questo momento posta in essere in danno del malato» fornendo «immediatamente la cura completa del farmaco Sofosbuvir pari a circa quaranta pastiglie, ponendo le spese a carico del Servizio Sanitario Nazionale».
Discriminati i malati italiani di epatite C rispetto a quelli indiani
Questo perché il malato «possa nel concreto curarsi con la terapia», «sussistendo un grave ed imminente pericolo di morte» anche «per l’inesistenza di strutture medico ospedaliere adeguatamente indirizzate per la malattia ed essendovi un pericolo nel ritardo delle cure».
Per gli avvocati che hanno avviato una sorta di “class action“, il provvedimento d’urgenza è «l’unico strumento idoneo a tutelare il fondamentale diritto alla salute di parte ricorrente garantito dall’articolo 32 della Costituzione».
«È bene, infatti, rilevare – scrivono nel ricorso i legali del gruppo di pazienti – che in Italia l’unico farmaco attualmente esistente per curare il virus dell’epatite C ha un costo talmente alto ed esorbitante, pari a 80.000 euro da non poter essere acquistato dai malati, ciò costituendo una situazione altamente discriminatoria e di sfruttamento inaccettabile, a fronte altresì dell’ammontare radicalmente più basso (700,00 euro) cui ammonta il prezzo dello stesso farmaco in altri Paesi, quali l’India, la Turchia e l’Egitto».
«Tale circostanza – rilevano i legali – non può che estrinsecarsi in un’assoluta impossibilità per il malato di curarsi».
La commercializzazione del Sofosbuvir, considerato più efficace e tollerato dei precedenti farmaci, era stata autorizzata dalla Ue agli inizi del 2014 nei 28 Paesi aderenti alla Comunità Europea, dopo che l’Ema, l’Agenzia Europea dei Medicinali aveva dato il via libera con la sua procedura accelerata riservata ai nuovi farmaci considerati di grande interesse per la salute pubblica.