Hooligans del Feyenoord, una lunga tradizione di violenza e scontri

20 Feb 2015 16:01 - di Paolo Lami

Alle spalle hanno una storia impressionante di violenze. Devastazioni, saccheggi, pestaggi, furti. Perfino un omicidio brutale compiuto a colpi di martello. Ma nel cursus honorem degli hooligans del Feyenoord che, indisturbati ospiti, hanno messo a ferro e fuoco Roma dopo averlo largamente e serenamente annunciato sui Social Network, spicca indimenticabile quella battaglia campale, il 23 marzo 1997, rimasta incisa negli annali come la battaglia di Beverwijk, “Slag bij Beverwijk“, uno scontro premeditato e progettato a tavolino quando le due frange più violente delle tifoserie dell’Ajax e del Feyenoord, che nutrono un odio profondo e reciproco – le due città si trovano a 40 chilometri di distanza l’una dall’altra – , la F-Side e la SCF Hoolingas, decisero di incontrarsi armati di tutto punto, nei pressi dell’autostrada A9, a Beverwijk, appunto, per rispolverare i ricordi di una precedente battaglia sull’A10.
Fu lì, in quell’occasione, che ci scappò il morto. Carlo Picornie, 35 anni, uno dei membri più anziani dell’ala più violenta dell’F-Side dell’Ajax fu accerchiato dagli avversari e colpito ripetutamente in testa: morì per le gravi lesioni cerebrali riportate.
L’idea di quello scontro era nata perché nel precedente conflitto sull’A10, anch’esso pianificato a tavolino come se si trattasse di una scampagnata, le due tifoserie avevano deciso di incontrarsi, per picchiarsi, portando ognuno 50  hooligans all’appuntamento. Invece gli SCF Feyenoord si presentarono in centinaia mettendo in fuga gli avversari grazie alla preponderanza numerica. Fu così deciso di darsi una seconda chance ma, a questo punto, con più persone. Insomma una vera e propria battaglia, con ogni mezzo. Basti pensare che alla fine dello scontro fu sequestrato di tutto: mazze da baseball, cacciaviti, forbici, storditori elettrici, coltelli, pietre, molotov, chiavi inglesi, bastoni e spranghe di ogni foggia e dimensione. I tifosi bloccarono il traffico sull’autostrada e si affrontarono senza esclusione di colpi. Dietro di loro lasciarono una devastazione inimmaginabile, decine e decine di macchine carbonizzate. Centinaia furono i feriti.

La battaglia di Beverwijk contro l’Ajax pianificata a tavolino

La polizia sapeva in anticipo che le due tifoserie avevano pianificato di incontrarsi per darsele di santa ragione ma non sapeva esattamente dove sarebbe avvenuto lo scontro. Centinaia di agenti furono schierati nei pressi di Beverwijk ma furono presi in contropiede dalla velocità d’azione delle tifoserie tanto che quando arrivarono sul posto riuscirono ad arrestare pochissime persone e la battaglia si era perlopiù già consumata, anche in questo caso con la preponderanza degli hooligans del Feyenoord, considerati i più violenti.

Sul terreno i segni della devastazione. E il corpo senza vita di Carlo Picornie. Della sua morte vennero accusati diversi tifosi avversari. Ma, alla fine, fu condannato a 5 anni di carcere solo Leonardo P. Panton, accusato dai suoi stessi compagni che lo avevano visto picchiare selvaggiamente Picornie in testa con il lucchetto di una bicicletta. Anche una telecamera di sorveglianza riprese quelle immagini terribili ma, alla fine del processo, fu chiaro che le responsabilità di quell’omicidio ricadevano anche su altre persone che furono protette dall’omertà del gruppo. Pagò, insomma, solo Panton che, infatti, accusò pubblicamente i suoi ex-compagni di averlo “venduto”.

Violenze e devastazioni a non finire contro gli altri club europei

Le vicende degli anni successivi dimostreranno, in effetti, che quella violenza era ed è nel Dna delle frange più estreme della tifoseria del Feyenoord. Che non ha mai rinunciato a esercitarla in più occasioni. Droga e alcool a fiumi sono i compagni di viaggio costanti di questa tifoseria – identica, come si è visto, a quella più estrema dell’Ajax – che ha lasciato il segno dovunque. Indimenticabili, per andare indietro nel tempo, gli incidenti con i supporter del club londinese del Tottenham che lasciò sul campo oltre 200 feriti. Una storia che si è ripetuta nel 1983 incancrenendo l’odio fra le due tifoserie. L’anno precedente lo stesso trattamento era stato riservato dagli hooligans ai “cugini” dell’Alkmaar Zaanstreek-combinatie. Nel 1991 toccherà ai conterranei del Twente, il club della città di Enschede.
Per restare in tempi più recenti, l’estate scorsa la violenza degli hooligans del Feyenoord si è scatenata contro gli avversari turchi del Besiktas e, qualche mese dopo, è toccato ai croati del Rijeka.
La storia del Feyenoord è insomma costellata di episodi di una violenza incredibile. E stupisce che il club del Feyenoord non sappia dire altro che «non è un problema che i club possono risolvere»: «da un lato siamo orgogliosi per la prova della squadra, dall’altro proviamo disgusto e vergogna per il comportamento riprovevole di un branco di senza cervello. Allo stadio però è andato tutto bene», dicono dal club olandese. Il dg del club Eric Gudde, assolve la società: «Siamo responsabili di come le persone si comportano nello stadio. Per l’organizzazione dell’Olimpico abbiamo lavorato duramente per settimane e tutto è stato eseguito alla perfezione», ma la violenza di quei «rivoltosi che, a differenza dei veri sostenitori, è andata a Roma a quanto pare con intenzioni molto diverse» «non è un problema che i club possono risolvere».
Intolleranza zero, avverte il capo del Coni, Malagò: «vanno adottati gli stessi provvedimenti che vennero applicati in passato nei confronti degli hooligans».

 

 

 

 

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