«Mattarella revochi l’onorificenza al sanguinario maresciallo Tito»

13 Feb 2015 11:11 - di Valerio Pugi

La notizia è destinata a stupire chiunque ancora la ignori: Josip Broz Tito, il sanguinario “Maresciallo Tito”, è ancor oggi Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, decorato di Gran Cordone. Il titolo onorifico più elevato della Repubblica Italiana. A conferirlo è stato l’allora capo dello Stato Giuseppe Saragat, nel 1969. Sul sito della Presidenza della Repubblica appare ancora l’onorificenza concessa a Tito, responsabile dei crimini commessi nelle terre istriano-dalmate, dalle foibe all’esodo dei profughi.
A chiedere all’attuale presidente della repubblica, Sergio Mattarella, di togliere una così infamante onorificenza sono due consiglieri comunali di Trieste, città tra le più coinvolte e quindi sensibili al dramma delle foibe e dell’esodo istriano-dalmata: Paolo Rovis del Nuovo Centrodestra e Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italia.

Le motivazioni della richiesta di Rovis di togliere l’onorificenza concessa a Tito

Paolo Rovis, sul suo blog, ha spiegato dettagliatamente i motivi della richiesta al presidente Mattarella. Li riportiamo: “A Tito è ascrivibile una serie di crimini, tra i quali quelli perpetrati nelle terre giuliano-istriano-dalmate, dove migliaia di italiani vennero uccisi e gettati nelle foibe, cavità carsiche nel profondo delle quali sono stati fatti sparire gli oppositori al regime comunista. L’uccisione di italiani in Istria e Dalmazia iniziò nel ’43. Dopo la liberazione di Trieste, quando la città era sotto il controllo dei militari di Tito (maggio-giugno ’45), sono stati eliminati e fatti sparire uomini e donne, con metodi sadici e brutali. Le vittime delle foibe non sono definite con certezza ma si parla di 10-15 mila persone. Circa 350 mila italiani lasciarono le loro case dopo il passaggio alla Jugoslavia delle province di Pola, Fiume, Zara e parte di quelle di Trieste e Gorizia. Queste tragedie vengono ricordate ufficialmente, dal 2004, ogni 10 febbraio. È il Giorno del Ricordo. Il 10 febbraio 2007 il presidente Napolitano ricordò che il dramma del popolo giuliano-dalmata fu scatenato «da un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Il 3 ottobre 2011 la Corte Costituzionale della Slovenia ha dichiarato incostituzionale l’intitolazione di una strada di Lubiana a Tito, avvenuta nel 2009, dichiarando che ciò avrebbe comportato la glorificazione del regime totalitario da questi costituito e una giustificazione delle gravi violazioni dei diritti dell’uomo e della dignità umana avvenute durante il suo regime. Il presidente Sergio Mattarella ha riconosciuto che “per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia”, aggiungendo che, istituendo il Giorno del Ricordo, “il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale. Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c’è posto per l’estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche”.

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