Le 36 coltellate di Parolisi alla moglie: senza crudeltà, «fu dolo d’impeto»
Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea, a Civitella del Tronto il 18 aprile 2011, senza crudeltà, durante una “esplosione di ira” nata in una lite “tra i coniugi” e dovuta alla “conclamata infedeltà coniugale” dell’uomo. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni, depositate, della condanna di Parolisi. Secondo i supremi giudici, l’uccisione di Melania è avvenuta “in termini di “occasionalità” (dolo d’impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione) dovuta ad una esplosione di ira ricollegabile ad una lite tra i coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi”, dunque senza crudeltà. Il verdetto è stato esteso dall’ex pm Anticamorra Raffaello Magi della Prima sezione penale della Suprema Corte.
Depositata la motivazione della sentenza di condanna che ha escluso la crudeltà
Le 36 coltellate inflitte da Salvatore Parolisi alla moglie Melania indicano, dunque, che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. Per questo motivo la Cassazione esclude la crudeltà. “L’abbandono in stato agonico” della moglie Melania, da parte di Parolisi, “è anch’esso una condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”, spiegano i supremi giudici nel verdetto su Parolisi motivando l’annullamento dell’aggravante della crudeltà.