Ostellino dà la sveglia al Centrodestra: ripartire da zero o sarà troppo tardi
Patto sì, patto no. Emorragia di consensi, rivalità interne, riposizionamenti giornalieri: ce la farà il centrodestra diviso a risalire la china di una stagione disarmante? Se lo chiede Piero Ostellino dalle colonne de Il Giornale a partire dall’analisi delle reazioni scomposte seguite “alla designazione unilaterale e all’elezione a presidente della Repubblica di Sergio Mattarella guidata dal presidente del Consiglio”. La verità – spiega il giornalista e politologo – è complessa e qualsiasi paragone con il passato non terrebbe conto a sufficienza del fattore Renzi. Nel ’94 contro un centrosinistra capeggiato dal Partito comunista “quella certa idea dell’Italia” aveva avuto successo, fatto vincere le elezioni e sconfitto la macchina da guerra di Achille Occhetto: più che il programma, insomma, fu la paura di un successo comunista a spingere i moderati al voto.
Il trasformismo non basta
Ora quel mondo non c’è più, lo ha capito bene Renzi che, scrive Ostellino, ” non è un riformista ma un furbo trasformista” e ha adottato per il centrosinistra le tematiche che erano state sostanzialmente del centrodestra. Ora al Cavaliere non può bastare la soddisfazione di aver influenzato la politica del suo avversario, sarebbe poca cosa e porterebbe, come sta accadendo, alla marginalità. Secondo Ostellino sono due le questioni fondamentali alle quali il centrodestra deve dare una risposta in tempi brevi. Sarà sufficiente il trasformismo di Renzi a cambiare l’Italia? E ancora :il centrodestra ha le risorse culturali per fare la stessa operazione che il premier ha portato brillantemente a termine nel centrosinistra sbaragliando la vecchia guardia post-comunista e conquistando molti consensi anche nel ceto medio? Sono domande alle quali il centrodestra non può sottrarsi. Prima che sia troppo tardi.