Sanremo, il trionfo del “Volo”? Un’idea di Tony Renis, l’artista scomodo
Tony Renis è uno di quegli artisti che più acremente ha pagato l’outing ideologico con cui già anni fa dichiarò di essere a favore del centrodestra e di Silvio Berlusconi. Una coerenza e una lealtà alla sua fede politica che è costata a “Mister Quando Quando Quando” un boicottaggio sistematico e l’ombra del discredito agitati a orologeria contro di lui, e che raggiungensero l’apice nel 2004, quando la Rai lo nominò direttore artistico della 54a edizione del Festival, che – caso più unico che raro – le case discografiche disertarono in segno di ostilità alla sua organizzazione, e che vide salire sul palco per lo più giovani esordienti e pochi nomi noti, tra i quali quello di Marco Masini. Oggi, a unidci anni di distanza da quell’esperienza che lo vide al centro di polemiche e ostruzionismi strumentali, svolgere tra difficoltà e ripensamenti il ruolo di direttore artistico della kermesse, può prendersi placidamente la rivincita e godersi il riconoscimento conquistato – dietro le quinte, ma su quel palco – con i tre vincitori dell’ultimo festival. Aggiungendo, dopo Diana Ross, Julio Iglesias, Lionel Richie, Nikka Costa e, naturalmente, Andrea Bocelli – che grazie a lui hanno svettato o spiccano in cima alle classifiche italiane e internazionali – un altro prestigioso anello alla sua lunga e prestigiosa catena di successi.
Tony Renis, talent scout e Sanremo
Non vuole ringraziamenti Tony Renis, il produttore dei tre tenori jr componenti de Il Volo trionfatori all’ultimo festival di Sanremo; ma il riconoscimento del suo fiuto come talent scout, e del tocco magico con cui trasforma in oro ogni progetto che tocca, senz’altro. «Sono il loro papà, e Roberto Cenci che ebbe l’idea di riunirli, è la mamma», annota tra il serio e il faceto l’artista e manager in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui tra l’altro Tony Renis rivendica la tempestività e il guizzo con cui è riuscito a cogliere in quelle tre voci, e nel loro modo di mescolarsi alchemicamente in nome del bel canto, i semi del successo. Che poi, sapentiemente irrorati dalla sua innegabile maestria imprenditoriale, hanno dato in un breve arco di tempo i frutti sperati, fino alla sublimazione sanremese di pochi giorni fa. Che, neanche, a dirlo, Tony Renis è già pronto a rilanciare e a raddoppiare proponendo tra le righe delle risposte all’intervista l’idea di una trasposizione cinematografica della favola di questi tre ragazzi benedetti con l’imprimatur blasonato del suo mecenatismo. Tre fortunati giovani talenti di cui è lo stesso produttore a confidare: «Vidi per caso una loro esibizione nel programma Ti lascio una canzone, facendo zapping una sera a Los Angeles. Rimasi folgorato».
Un artista boicottato per l’outing berlusconiano
Un artista, insomma, Tony Renis, capace di cogliere il germe della potenzialità da tradurre in fama conclamata anche in una nota, o in un fotogramma, eppure – come molti altri suoi colleghi – non sempre debitamente omaggiato in patria – quando non addirittura osteggiato appunto – che ha trovato soprattutto oltreoceano le conferme non sempre riscosse in casa, e oggi dedito a dispensare pillole di quel sogno americano che lo ha incoronato tra gli italiani più conosciuti e amati oltreoceano, ai giovani allievi a cui si propone come mentore. Con in più, come fiore all’occhiello, l’esperienza che lui come pochissimi altri può vantare, di essere sopravvissuto a un boicottaggio feroce, sistematico e reiterato nel tempo; a un sistema ordito dalle imprese musicali a cui solo lui è riuscito a rispondere con i fatti, dominando il mercato e sfornando talenti da lui disvelati e promossi. Fino ai tre ragazzi che hanno appena trionfato sul palco dell’Ariston.