Scuola, supera le 100mila firme la petizione contro la propaganda gender
Ha superato quota 100mila firme la petizione contro l’ideologia gender nelle scuole promossa da numerose sigle del mondo associativo. «Mancano pochi giorni al termine della raccolta», ha spiegato il presidente dell’associazione ProVita, Toni Brandi, mentre è stato il membro dell’esecutivo della Onlus, Alessandro Fiore, a chiarire che i promotori contano di chiudere ad almeno 120mila sottoscrizioni.
Cosa chiede la petizione
Il testo, rivolto al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione, chiede che «i nostri figli possano trovare nella scuola, non ideologie destabilizzanti come l’ideologia gender, ma progetti, corsi e strategie educative che permettano uno sviluppo sano della loro personalità, in armonia con la famiglia e con le istanze etiche, rispettosi di tutti e in primis della natura umana». È dunque una risposta «propositiva», come spiegano gli stessi promotori, all’imposizione dell’ideologia gender nelle scuole italiane, a partire da quelle dell’infanzia. «Trovo semplicemente pazzesco che mentre le nostre scuole cadono a pezzi e i nostri figli devono portarsi la carta igienica da casa, il nostro governo consideri una priorità assoluta educare i nostri bambini al gender», ha sottolineato ancora Brandi, invitando a firmare la petizione sul sito dell’associazione.
Cosa propone l’ideologia gender
«In molte scuole, e perfino negli asili nido, mediante libretti e altro materiale didattico, con il pretesto della “lotta alla discriminazione”, si insegna ai bambini a negare la naturale differenza sessuale, a identificarsi in qualsiasi “genere”, sia esso transgender, omosessuale o bisessuale, equiparando ogni tipo di “famiglia”, e si vuole normalizzare quasi ogni comportamento sessuale», ricordano le associazioni coinvolte nell’iniziativa, che sono, oltre a ProVita, l’Associazione italiana genitori (Age), l’Associazione italiana genitori scuole cattoliche (Agesc), Giuristi per la vita (GpV) e Movimento per la vita (MpV). In questo modo, spiegano ancora, «si promuove anche una “sessualizzazione precoce” dei nostri bambini, seguendo gli “Standard sull’educazione sessuale in Europa” dell’Organizzazione mondiale della sanità, che stanno già trovando applicazione nelle nostre scuole».
Quanto ci costa la propaganda gay
La campagna pro gender in Italia è ormai ampiamente in atto, sostenuta anche con interventi economici importanti da parte delle istituzioni nazionali e locali. ProVita ne ricorda alcuni: i 120mila euro stanziati dalla Regione Lazio, i 425mila messi sul tavolo dal ministero dell’Istruzione e le centinaia di migliaia di budget erogati dagli enti locali della rete Re.a.dy (la Rete nazionale della amministrazioni anti-discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) e da numerosi Comuni, fra i quali le associazioni ricordano Brescia, Empoli e Siena. «Consulenti Lgbt entrano nelle scuole con dei questionari per testare il grado di “omofobia”. Inoltre, in Senato vi è una proposta di legge che vuole introdurre l’educazione di genere nelle scuole dal prossimo anno accademico erogando a questo fine 200 milioni di euro», denunciano ancora le associazioni.