Berlusconi dannato a vita, su Unipol niente proscioglimento
Il marchio d’infamia in qualche maniera doveva rimanere su Silvio Berlusconi. Dannato a vita. E così è: niente proscioglimento nel merito, come avevano chiesto Silvio Berlusconi e il fratello Paolo, nel processo cosiddetto Unipol per la pubblicazione su “Il Giornale” dei verbali di intercettazione della telefonata fra Piero Fassino e Giovanni Consorte durante la quale venne pronunciata la famosa frase «abbiamo una banca». La Cassazione non ha voluto far passare l’idea di un proscioglimento nel merito. E ha respinto i ricorsi del leader di Forza Italia e del fratello facendo diventare definitiva la prescrizione per Silvio Berlusconi e per suo fratello Paolo, editore de Il Giornale, nel cosiddetto processo “Unipol”.
Confermato dalla Suprema Corte anche il risarcimento di 80.000 euro in favore di Piero Fassino, attuale sindaco di Torino e parte lesa in questo processo per la pubblicazione illegittima della telefonata con Giovanni Consorte nella quale diceva «abbiamo una banca».
Nell’arringa, l’avvocato Carlo Grosso che rappresenta Fassino, aveva particolarmente battuto su questo tasto: «si era alla vigilia di una rilevante tornata elettorale nella quale si ipotizzava la vittoria della coalizione politica guidata da Romano Prodi», aveva sostenuto Grosso, e in questo contesto la notizia dell’intercettazione Fassino-Consorte «era molto succosa».
Unipol, negato a Berlusconi il proscioglimento nel merito
Di qui l’assioma: «chi può mai pensare che una notizia di tale rilevanza politica potesse essere pubblicata senza l’avallo di Silvio Berlusconi che era la persona che avrebbe avuto vantaggio politico dall’esplosione della notizia, divulgata ampiamente anche dai media internazionali». Un automatismo logico che, tuttavia, resta appunto un automatismo, non certuna prova. Ma tanto è bastato alla Cassazione per sporcare Silvio Berlusconi con la prescrizione definitiva. Una specie di damnatio memoriae.
«Il risultato finale della pubblicazione di quella intercettazione è stato molto dannoso – ha sostenuto il legale di Fassino – e questo determina la solidarietà del risarcimento», ossia il fatto che Silvio e Paolo Berlusconi sono chiamati a risponderne insieme.
Con questo verdetto la VI sezione Penale della Cassazione ha confermato la decisione con la quale la Corte di Appello di Milano, il 31 marzo del 2014, aveva dichiarato il «non luogo a procedere per intervenuta prescrizione» nei confronti di Silvio e Paolo Berlusconi. In primo grado, il 7 marzo 2013, l’ex-premier era stato condannato ad un anno di reclusione, il fratello Paolo a tre anni e tre mesi.