Come il Titanic: dal Giglio a Tunisi, il pianista che ha vissuto due tragedie

19 Mar 2015 9:33 - di Priscilla Del Ninno

A Tunisi lui c’era, Antonello Tonna, il pianista della Costa Fascinosa era a bordo della nave da crociera salpata da Tunisi all’una di questa notte con un carico di dramma e di dolore inaspettati. E c’era anche quando la Concordia si inabissava al largo dell’isola del Giglio, in quel tragico naufragio del 2012, quando a morire furono decine di persone. Un involontario anello di congiunzione, il musicista imbarcato sulle navi da crociera Costa, che lega due episodi della nostra storia recente, scritta con il sangue di chi, durante quella che avrebbe dovuto essere una vacanza, ha trovato la morte.

Tunisi, la Fascinosa ha ripreso il largo

Intanto, Costa Crociere conferma nella sua pagina Facebook che la Fascinosa ha lasciato il porto di Tunisi all’1,55 di questa notte e che anche la nave da crociera Msc Splendida ha salpato dall’attracco de La Goulette all’alba, diretta a Barcellona. Al momento della partenza il comandante ha informato che dodici persone della Costa Care team e due dirigenti della sede centrale sono già operativi a Tunisi «per rimanere in contatto con le autorità locali e per assicurare l’assistenza necessaria. Altre tre perone del Costa Care team arriveranno a Tunisi in mattinata». Di più: Costa Crociere ha ribadito di essere «in stretto contatto con il ministro degli Affari Esteri, le autorità locali di sicurezza, il comandante di Costa Fascinosa, e l’agente portuale locale per monitorare la situazione e seguire la sua evoluzione». E in queste ore è attivo a Tunisi anche un team dell’Unità di crisi della Farnesina, oltre che per gli accertamenti, anche per dare una mano alle famiglie dei feriti e delle vittime.

Gentiloni, allerta ma l’Italia non è in guerra

Ospite del salotto televisivo di Raitre, Agorà, il ministro degli Esteri Gentiloni ha corretto le voci e le indiscrezioni circa il numero degli italiani coinvolti nell’attentato di mercoledì compiuto dall’Isis al museo Bardo di Tunisi. «Delle quattro possibili vittime italiane comunicate dalle autorità tunisine,» ha rettificato il titolare della Farnesina, «due non sono vittime ma feriti», ma risultano anche «due dispersi», non ancora annoverati ufficialmente tra i morti dell’eccidio stragista. «L’Italia è un Paese sicuro che deve essere in allerta nei confronti delle minacce terroristiche, ma non deve sentirsi un Paese in guerra», ha quindi aggiunto il ministro Gentiloni: un’esortazione squisitamente teorica, al quanto difficile da tradurre in pratica all’indomani di una strage terroristica con almeno quattro connazionali vittime di un attentato durante quello che avrebbe dovuto essere un momento di svago, in un Paese che sembrava avviato sulla strada della normalità democratica dopo le elezioni presidenziali e politiche. Difficile non sentirsi in guerra quando, lo stesso Gentiloni conferma di essere  «in contatto con le autorità locali e con l’intelligence di altri Paesi». Difficile non sentirsi in guerra quando, poco dopo la fine del blitz, è apparso in tv il premier tunisino Habib Essid pronto a dichiarare: «Questa sarà una guerra lunga, dobbiamo mobilitarci a ogni livello, tutti insieme, tutte le appartenenze politiche e sociali per lottare contro il terrorismo». Difficile non sentirsi in guerra quando quotidianamente il nostro Paese, invaso a ondate continue dalle flotte di trafficanti umani che portano al largo delle nostre coste centinaia e centinaia di immigrati clandestini tra i quali – il rischio è sempre più alto e tangibile – potrebbero annidarsi terroristi in erba, cani sciolti, cellule dormienti. Difficile non sentirsi in guerra quando il nostro Paese riceve, sul web o riportati dai media fa ormai poca differenza, continue minacce di nuovi attentati che incombono sulle nostre teste.

 

 

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