Corsaro: lascio FdI perché ormai parla il linguaggio di Landini e Salvini
«Vede, non si può costruire qualcosa di nuovo su fondamenta traballanti e con mattoni vecchi», risponde Massimo Corsaro, che da poco ha dato il suo addio «doloroso» a Fratelli d’Italia. Ci risponde dal suo studio di Milano, situato proprio davanti alla zona moderna di Porta Nuova. La domanda che gli abbiamo posto è questa:
Corsaro, pur con tutti i limiti da lei evidenziati, non le sembra di avere esagerato? Ricostruire il centrodestra è l’obiettivo che ci sta a cuore e di solito insegnano che bisogna, intanto, costruire con i mattoncini che si hanno a disposizione, non trova?
Non è così. Riprendo la sua metafora. Ho qui davanti alla finestra una delle zone più moderne di Milano,Porta nuova, dove, piacciano o meno, si sono realizzati edifici avveniristici, grandi sfide architettoniche. E le dico che tutto questo è stato possibile solo radendo al suolo ciò che c’era prima.
Non le sembra di essere troppo duro?
No, perché questa decisione, che addolora anche me, è consequenziale a ciò che vado affermando da tempo. Ossia che molte scelte effettuate da FdI siano state uno “snaturamento” dei principi che ci hanno ispirato nella sua fondazione, quando uscimmo dal Pdl. FdI non è quello che ci eravamo prefissi che fosse.
Lei parla di obiettivi falliti: quali?
Il poco coraggio. La nostra uscita dal Pdl doveva segnare la fine di una certa stagione del centrodestra, dovevamo affrancarci da Berlusconi e Forza Italia e dare vita a qualcosa di nuovo, liberi da condizionamenti. Ebbene, il coraggio di recidere questo “cordone ombelicale” non c’è stato. Sono stufo di vivere di tatticismi in attesa di impegni immediati, regionali, amministrative, legge elettorale ecc. Siamo stati più tattici che strategici, con la conseguenza di non essere “né carne e né pesce” nei confronti di Forza Italia.
Mi sembra che in tema economico le differenze tra FdI e Forza Italia fossero state ben evidenti, invece, dall’euro al Jobs Act. Ripeto, non le sembra un’analisi esagerata la sua?
No, non siamo sembrati né nuovi né liberi da condizionamenti, sbagliando tempi e linguaggio. Sull’Europa abbiamo prima tergiversato, in attesa di scegliere la linea da seguire e poi abbiamo scelto la scorciatoria dello slogan “no euro”. Noi siamo fortemente contrari a questa Europa gestita da consorterie economiche; ma se la battaglia è chiedere che l’Italia autodetermini la sua uscita dall’euro prendiamo in giro la gente e deviamo dai nostri principi.
Per quale motivo?
Perché è in controtendenza rispetto all’ economia, perché ciò comporterebbe un peggioramento del nostro debito pubblico e, tra le tante cose, ci porterebbe ad acquistare materie prime in una valuta sopravvalutata, peggiorando la capacità italiana di competere sui mercati.
Cosa l’ha spinta alla scelta definitiva di lasciare Fratelli d’Italia?
Quando ho visto attaccare Renzi sul Jobs Act, mentre invece, piaccia o no, contiene alcuni principi che siamo andati noi stessi in passato a strombazzare nelle piazze. E anziché arrabbiarci con noi stessi per i condizionamenti avuti durante la nostra stagione di governo, abbiamo attaccato Renzi con le parole di Landini, appiattendoci su una linea economica pauperista.
Lei ha criticato la scelta di «affidarsi a Salvini». Cosa la disturba?
Salvini sa di poter parlare alla pancia degli elettori e “massimalizzare” il suo personale consenso elettorale, perché è consapevole di non poter diventare alternativo alla sinistra. Un’opzione giusta dal suo punto di vista, ma dal nostro no. Noi siamo figli di un progetto ventennale di una destra di governo e dovevamo investire politicamente in un percorso ben diverso da quello di Salvini. Ora noi di FdI siamo sembrati i vessiliferi più “educati” del leader leghista, il che non ci fa intercettare la pancia degli elettori né proseguire su un cammino più alto. Vuole sapere la mia delusione più grande quale è stata?
Dica…
A Piazza del Popolo FdI ha avuto una presenza residuale. Sì, Giorgia Meloni ha parlato, piace agli italiani, è bravissima, ma nell’immaginario comune lì in piazza la destra era rappresentata da CasaPound. Se due anni e mezzo fa avessimo saputo che avremmo parlato come Landini e Salvini, forse non avremmo dato vita al progetto…
Conclusione?
Dobbiamo mettere il cuore in pace: Renzi governerà ancora e ricostruire il centrodestra è un processo molto lungo. È sbagliato, pertanto, vivere di tatticismi e condizionamenti in attesa di questa o quella scadenza immediata. Sono stufo delle guerre di logoramento per manternere piccole posizioni.