GB, 13 anni alla lesbica che uccise la figlia su istigazione dell’amante
La morte di un bambino rappresenta sempre un’atrocità incommentabile, specie quando a determinarla non sono cause naturali bensì la violenza consumata tra le pareti domestiche. , La cronaca recente, purtroppo, abbonda di questi raccapriccianti episodi. Ma la notizia che giunge dalla Gran Bretagna supera persino l’immaginazione più pulp perché racconta di una bimba, Ayesha Ali, di appena otto, anni uccisa dalla propria madre, lesbica, con la complicità, anzi dietro istigazione di un’altra donna, cioè la sua compagna di vita. Il delitto, insomma, questa volta non è maturato negli ambienti solitamente descritti come chiusi o comunque propizi allo scatenarsi di pulsioni insane. In questo caso, infatti, a rendersi responsabile dell’insopportabile brutalità è una coppia di donne omosessuali, vale a dire un mondo spesso celebrato come alieno e refrattario a qualsiasi violenza.
La compagna della donna di anni dovrà scontarne 18
Ayesha era la figlia di Polly Chowdhury, 35 anni, più giovane di otto anni della sua compagna Kiki Muddar. La madre di Ayesha e l’altra donna dovranno ora scontare rispettivamente 13 e 18 anni di carcere per quell’efferato infanticidio consumato nel loro appartamento nell’est di Londra nell’agosto di due anni fa. La sentenza è stata pronunciata proprio in queste ore alla Old Bailey, il tribunale penale centrale della capitale britannica.
La madre lesbica torturò la bambina per ore
La bambina era stata trovata morta nella sua camera da letto con più di 50 ferite, fra cui i segni di morsi. Secondo il giudice, ad istigare la madre della bimba, convincendola a compiere le sevizie sulla povera Ayesha, è stata la compagna. A giudizio del tribunale, infatti, Muddar le aveva fatto credere che la piccola era malvagia e «posseduta dal demonio», creando un mondo fatto di personaggi immaginari costruiti su Facebook. Ayesha non aveva scampo: doveva essere punita. E così è stato: le due donne hanno scaricato sulla bambina una violenza indicibile sottoponendola ad autentiche torture durate ore ed ore fino a quando non l’hanno vista morire.