Il giornalismo militante di Selva, da Radiobelva a censore del comunismo

16 Mar 2015 18:37 - di Silvano Moffa

Gustavo Selva non è stato un giornalista qualsiasi. I suoi interventi dai microfoni della Rai, all’interno del telegiornale che conduceva, lo resero famoso. Le sue parole lasciavano il segno. I suoi erano editoriali vibranti, acuti, incisivi. Colpivano il grande pubblico. E mietevano schiere di detrattori. Luigi Pintor, comunista fin nel midollo, ogni volta che lo ascoltava andava in bestia. Tanto da arrivare a coniare l’appellativo che a Gustavo è restato appiccicato per tutta la vita: Radiobelva. Contrariamente a quel che Pintor sperava, l’appellativo accrebbe la sua notorietà.  Selva continuò a mietere successo.  La sua voce suadente entrava nelle case, conquistava menti e perforava le coscienze degli italiani. Quella voce coraggiosa fece la fortuna della Dc, all’epoca dei due blocchi.

Selva fu tra i fondatori di Alleanza Nazionale

Documentato come nessun altro giornalista sulle atrocità del comunismo, Gustavo Selva a suo modo inventò un genere: il genere del giornalismo radiofonico militante a destra, sul fronte anticomunista. Prima di lui, in Rai, solo a sinistra si trovavano esempi diffusi di giornalismo militante. Impavido censore dell’italico malcostume, Selva sapeva trovare le parole adatte per raccontare  fatti di cronaca e vicende politiche, sia interne che internazionali.  La storia di un Paese racchiusa nel periodo che scorre tra il 1960 e gli anni Ottanta. Venti lunghi anni scanditi dalla voce di un grande giornalista. Poi, arrivò il tempo dell’impegno politico. Nel parlamento europeo, e in seguito alla Camera e al Senato. Uomo di cultura. Fine intellettuale. Attento osservatore dei cambiamenti internazionali. Eletto, prima , nelle liste della Dc e poi, quando la Dc è scomparsa, nelle file di Alleanza Nazionale, di cui fu uno dei fondatori.

Selva e quella storia della P2 sempre smentita

Una personalità così forte, esuberante , scomoda, non poteva, come è facile intuire, avere vita facile. I suoi avversari non gli hanno mai perdonato “Radiobelva”. Il suo nome comparve nella lista degli appartenenti alla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Selva smentì sempre di farvi parte.  A suo favore ci furono tre sentenze. E Dario Fo, che lo accusò pubblicamente, dovette risarcirlo. Scanzonato e galantuomo qual era, in una intervista dichiarò: ” Se avessi saputo che nella P2 c’erano tanti galantuomini, prefetti, questori, militari, mi sarei iscritto anch’io”. Carattere forte e ironico. Un giornalista all’antica. Un signore educato e mai banale. Un uomo che non conosceva cosa volesse dire piegarsi, arrendersi. Salvo quando la prematura morte di un figlio lo segnò indelebilmente. Da quel giorno Selva non è stato più lo stesso.

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