Lubitz era in malattia obbligatoria, ma ha strappato il certificato ed è partito
Quel giorno non doveva essere su quell’aereo. Andreas Lubitz era stato messo in malattia obbligatoria dal suo medico curante. Ma ha strappato il certificato medico, che avrebbe dovuto presentare alla Germanwings – e i cui resti sono stati trovati ora nella sua casa dagli investigatori durante l’ultima perquisizione – si è presentato in aeroporto, è salito sull’Airbus A320 e, poi ha lanciato il jet a 400 nodi, oltre 740 chilometri orari, contro la montagna.
E’ l’ultimo drammatico tassello che si aggiunge a una storia già assurda di per sé. La Procura di Dusseldorf ha trovato nell’appartamento del copilota il certificato di malattia per il giorno della tragedia. Lo Spiegel, che ha svelato l’ultimo, inquietante, particolare, si dice certo che il copilota ha nascosto il certificato alla Germanwings. Ma non è tutto. Fra le carte esaminate dagli investigatori trovate nella casa del copilota durante la perquisizione sono venuti fuori anche documenti medici che certificano che Lubitz stava seguendo attualmente un “trattamento”, trattamento medico che era in corso. E, per la Procura, non vi sono dubbi: Lubitz nascose la sua “malattia” ai suoi datori di lavoro.
Andreas Lubitz ha nascosto la sua depressione alla Lufthansa
Nella casa di Lubitz, spiega ancora lo Spiegel, la procura ha trovato più documenti medici che attestano un malattia e un trattamento medico in corso. Si tratta di certificati di malattia recenti e anche del giorno della tragedia. Ciò rafforza la valutazione, assicura la procura, che Lubitz «aveva tenuto nascosto al proprio datore di lavoro nell’ambito professionale la propria malattia».
Tuttavia per l’Autorità federale al volo tedesca, Andreas Lubitz necessitava »di particolari controlli medici da effettuare con regolarità» visto che la cartella del copilota indicava il codice SIC, specifico per tali casi, lo stesso annotato anche sulla sua licenza di volo.
Di fatto, tuttavia, il copilota era stato «più volte retrocesso» durante l’addestramento al volo di Lufthansa, che ha frequentato dal 2008. Sei anni fa era stato giudicato in parte «non idoneo al volo» durante l’addestramento nella scuola di voloera stato giudicato sei anni fa “secondo indiscrezioni in parte ‘non idoneo al volo’ ” durante l’addestramento nella scuola di volo Lufthansa di Phoenix, negli Usa. «Nel 2009 – scrive il tabloid Bild citando fonti della compagnia – gli è stato diagnosticato «un grave episodio depressivo poi rientrato». In totale sarebbe stato sotto trattamento psichiatrico per un anno e mezzo. Su questa grave forma di depressione dovuta, a quanto pare, a quella che viene definita sindrome di burnout , cioè una forte forma di stress dovuta, a volte, al superlavoro, si era innestata anche una «pena d’amore che lo ha segnato profondamente», dovuta a «una pesante crisi di coppia con la sua ragazza». Per questo gli investigatori stanno indagando «intensamente su una crisi personale» come motivo per il folle gesto.
Lubitz pilota l’Airbus a 740 chilometri orari contro la montagna
Sta di fatto che, secondo quanto ricostruito da FlightRadar24 . com, il sito web che monitora i voli civili, i dati del transponder mostrano che l’autopilota del volo 9525 della Germanwings è stato riprogrammato da qualcuno in cabina di pilotaggio in modo da modificare l’altitudine dell’aereo da 38.000 a 100 piedi. dunque da 11.582 metri a 30 metri.
«Tra le 9:30’52” e le 9:30’55” – si legge sul forum di Flightradar24 – l’autopilota è stato modificato manualmente da 38.000 piedi a 100 piedi e 9 secondi dopo l’aereo ha iniziato a scendere, probabilmente con l’impostazione “discesa aperto” dell’autopilota». Il grafico che interlaccia velocità e quota del velivolo mostra che negli ultimi 10 minuti l’Airbus A320 perde quota progressivamente dalle 9.30 alle 9,40 mentre la velocità resta sostanzialmente stabile intorno ai 500 nodi, salvo poi scendere sui 400 nodi gli ultimi cinque minuti di volo. Ed è a quella velocità, circa 700 chilometri orari, che l’aereo s’infila nella gola del massiccio dei Trois-Eveches, sulle Alpi francesi dell’Alta Provenza, schiantandosi sulle pendici e disintegrandosi.
E da questo punto di vista sono raggelanti le parole di Dieter Wagner, nel Centro volo di Montabaur, cittadina di origine del copilota di Germanwings, che ricorda come «la passione di Lubitz era volare sulle Alpi. Con l’Associazione abbiamo fatto delle escursioni sulle Alpi francesi. Lui era amico di mia nipote e volavano insieme». E nella missione in Francia con l’Associazione avrebbero sorvolato una zona a pochi chilometri da dove è avvenuto l’impatto dell’Airbus A320 con la montagna.
I parenti di Lubitz sono stati sentiti nelle ultime ore dagli inquirenti della gendarmeria nazionale dopo il loro arrivo all’aeroporto di Marseille-Marignane. Un’audizione proprio per cercare di capire il folle gesto del giovane copilota, sospettato di essere all’origine del disastro aereo che ha causato la morte di 150 persone. Come tanti altri famigliari, i parenti di Lubitz, ancora ignari di tutto, avevano preso l’aereo dalla Germania per raggiungere Marsiglia e quindi il luogo della tragedia sulle alpi francesi a bordo di un pullman. Solo una volta in Francia hanno appreso della ricostruzione degli inquirenti secondo cui alla base del disastro c’è stata proprio l’azione del ragazzo. Dopo l’interrogatorio con i gendarmi, la famiglia di Lubitz è stata messa sotto l’alta protezione degli agenti francesi mentre in Germania insulti e telefonate di minaccia sono arrivate a coloro che hanno lo stesso cognome.
Peraltro i familiari delle vittime hanno incontrato a Le Vernet, quelli del copilota. Lo ha rivelato Joel Balique, moglie del primo cittadino del paese della tragedia, che gestisce il piccolo villaggio turistico, a Le Vernet, trasformato in centro d’accoglienza per i parenti delle vittime, dove è stata allestita anche una piccola camera ardente: «Non ho visto rabbia nei loro confronti – dice – ma solo comprensione. Il rancore, forse, verrà in un secondo momento – sostiene la donna – io ho visto soltanto comprensione per una famiglia che ha perso il proprio figlio».