Lupi: «Non mi dimetto». Ma da Sel al Pd, ecco chi è pronto a impallinarlo

17 Mar 2015 13:58 - di Eleonora Guerra
lupi

Intenzioni di dimettersi non ne ha. E se ha vissuto un momento di debolezza per la bufera dell’inchiesta sulla tangentopoli delle Grandi opere è stato solo perché ha visto «tirato in ballo ingiustamente» il figlio. Intervistato da Repubblica, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, non è sembrato affatto sfiorato dal tema dell’opportunità politica di un suo eventuale passo indietro e ha virato piuttosto su una riflessione di carattere personale: «Per la prima volta mi sono chiesto se il gioco valga la candela. Se fare politica significhi far pagare questo sacrificio alle persone che ami».

Il rolex e il lavoro per Lupi jr

Lupi non è indagato, ma a rendere la sua posizione traballante, oltre al fatto che il business delle tangenti si sia consumato all’ombra del suo ministero, ci sono i “benefit” per il figlio da parte di uno degli indagati, Stefano Perrotti: un rolex per la laurea e, soprattutto, un posto di lavoro. «Non ho mai chiesto all’ingegner Perrotta né a chicchessia di far lavorare mio figlio», ha detto il ministro, contro il quale però ora si addensano richieste di chiarimento e di dimissioni, anche con l’obiettivo evidente di mettere in difficoltà Matteo Renzi e il governo.

Salvini chiede chiarimenti, Grillo vuole i soldi indietro

«Io non condanno nessuno, però mi aspetto che il ministro dell’Interno o il presidente del Consiglio vengano in Parlamento a spiegare agli italiani se è tutto falso o se c’è qualcosa di vero. E se c’è qualcosa di vero non possiamo avere un ministro dell’Interno e un ministro delle Infrastrutture che lavorano con delle ombre del genere», ha detto il segretario della Lega Matteo Salvini. Richieste di spiegazioni sono arrivate anche da Beppe Grillo, secondo il quale «Lupi o è un fallimento come ministro oppure porta sfiga. O entrambe». «Lupi – ha proseguito il leader M5S – deve dare spiegazioni, dimettersi e restituirci fino all’ultimo centesimo tutti i quattrini che si è beccato come ministro delle Infrastrutture».

L’appello di Sel per una mozione di sfiducia comune

Da parte di Sel, invece, è arrivato un appello «a tutte le opposizione, ad aree del Pd e anche ad altre aree del Parlamento» per promuovere una mozione di sfiducia comune nei confronti di Lupi. «Sarebbe un atto di forza e un segno di interesse reale per la scioccante vicenda dell’inchiesta “Sistema”», ha detto il capogruppo alla Camera Arturo Scotto, aggiungendo però che le dimissioni «dovrebbe chiederle il presidente Renzi che, dopo essersi presentato come il rottamatore ed esser stato protagonista di richieste di dimissioni molteplici, sul ministro Cancellieri per esempio, oggi non dice una parola». «Aspettiamo da Renzi un atto di dignità», ha quindi concluso Scotto, mentre Nichi Vendola, chiedendo la «bonifica» del ministero e le dimissioni del ministro, ha parlato di «credibilità dello Stato compromessa».

Civati e il “fuoco amico” del Pd

E l’atteggiamento di Renzi rispetto alla vicenda Ligresti, che vide protagonista l’allora ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, è stato richiamato anche da Pippo Civati. «Renzi individuò nelle ragioni di opportunità politiche e istituzionali le motivazioni delle dimissioni di una ministra del governo Letta. Chissà se il ragionamento, per una volta preciso e pienamente convidisibile, varrà anche per il ministro Lupi», ha scritto Civati sul suo blog, mentre anche altre voci del Pd, come quella del deputato Danilo Leva o del senatore Marco Filippi, chiedevano che Lupi andasse a riferire in Parlamento.

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