Marino come Dracula: romani rassegnatevi, pagherete tutto e caro
Ignazio Marino a testa bassa contro il Tar. Non pago delle ripetute e clamorose bocciature su Ztl e asili nido, il sindaco “marziano” ha deciso di impugnare l’ultima stroncatura dei giudici amministrativi sugli aumenti delle tariffe orarie nelle strisce blu davanti al Consiglio di Stato. A darne notizia è stato il Codacons, promotore dell’azione al Tar. Ma a confermarla è stato il Campidoglio. La delibera annullata prevedeva l’aumento della tariffa oraria a 1,50 euro e la sospensione di quella giornaliera di 4 euro e quella mensile di 70 euro. In pratica, un salasso aggiuntivo a danno degli automobilisti già gravati da tutta una serie di onerosi balzelli.
Il sindaco Marino ricorre al Consiglio di Stato sul caro-parcheggi
Netta la presa di posizione del Codacons, che contesta apertamente la decisione di Marino di adire il Consiglio di Stato. Il presidente Carlo Rienzi ha buon gioco ad evidenziare lo «strano modo di procedere quello del Comune». Il quale, «anziché sentire il parere dei cittadini e del Codacons», s’intestardisce nel ripristino delle tariffe bocciate dimostrando così «l’interesse dell’amministrazione ad incassare attraverso rincari dichiarati ingiusti dal Tar». In ogni caso – garantisce Rienzi – «saremo presenti anche al Consiglio di Stato, dove chiederemo ai giudici di rigettare il ricorso del Comune».
L’ra del Codacons. Fdi-An: «Inadeguato»
Un altro fronte lo aprono i FdI-An che con il capogruppo in Campidoglio, Fabrizio Ghera, attaccano il sindaco di Roma definendolo «un accumulatore seriale di bocciature». Ed è così: dopo Ztl, strisce blu e asili nido – spiega l’esponente del partito di Giorgia Meloni, «adesso è la volta dei dipendenti capitolini che, chiamati a esprimersi in merito alla votazione referendaria sul nuovo contratto di lavoro, hanno votato in maggioranza “no” al folle provvedimento sui tagli al salario accessorio deciso da Marino e dalla sua giunta». In una nota Ghera ha ricordato l’impegno del suo partito in difesa dei 24 mila lavoratori comunali, contro l’ingiusta decisione di tagliare stipendi di 1200 euro al mese «mentre a Palazzo Senatorio proseguono le infornate per consulenti e staff di segreteria con cifre da capogiro». Il risultato del referendum – ha poi concluso – «rappresenta l’ennesimo segnale di insofferenza e insoddisfazione nei confronti di una sinistra incapace e inadeguata a gestire la nostra città».