Riforme, Renzi incassa il sì ma la fronda interna torna già a farsi sentire
Matteo Renzi incassa il sì della Camera alla riforma del bicameralismo (357 sì, 125 no, 7 astenuti e il gruppo dei 5 stelle fuori dall’aula) e sicuramente il suo è un successo d’immagine. Ma ha solide fondamenta? Secondo Francesco Giro (FI) no: “Quello dei 357 voti favorevoli è un risultato deludente ben al di sotto delle previsioni di 383 voti al netto dei 6 dissidenti Dem”, osserva.
24 deputati della minoranza Pd contro le riforme
Il provvedimento costituzionale dovrà superare la seconda lettura delle Camere tra tre mesi, e la minoranza del Pd, che oggi si è allineata, torna a scalpitare con un documento sottoscritto da 24 deputati. “Nel caso in cui il governo rifiutasse di riaprire il confronto sulle ipotesi di miglioramento” delle riforme costituzionali e dell’Italicum, “ciascuno si assumerà le proprie responsabilità. Da parte nostra ci riserviamo fin da ora la nostra autonomia di giudizio e di azione”. Così il documento, sottoscritto da Gianni Cuperlo e altri 23 deputati di Sinistra Dem, tra cui il sottosegretario Sesa Amici.
Profonde riserve sul nuovo assetto istituzionale
Il documento spiega che il sì oggi alla riforma è guidato “dalla volontà di non far fallire il processo riformatore”, pur in presenza di “riserve profonde sull’assetto istituzionale e sulla forma di governo che la riforma sta delineando“. Quindi il gruppo “continuerà a battersi per le modifiche necessarie”. “Il combinato della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale – prosegue il documento – rischia di consegnare al Paese un sistema ibrido – né un vero presidenzialismo né più una repubblica parlamentare – con una maggioranza di deputati e senatori ‘nominati’ e un indebolimento della rete dei controlli e delle garanzie”. Pur riconoscendo che alla Camera le riforme sono state migliorate, Cuperlo e gli altri 23 sostengono che “la blindatura del Patto del Nazzareno e una chiusura di merito da parte della maggioranza, hanno impedito ad altre proposte razionali e largamente condivise di essere approvate. Nei fatti non si è consentito al Parlamento di svolgere fino in fondo la sua funzione, scegliendo di collocare la regia delle riforme fuori dalle aule di Camera e Senato”.
Chi sono i firmatari
Oltre che da Cuperlo e Amici, il documento è stato sottoscritto da Tea Albini, Maria Amato, Ileana Argentin, Paolo Beni, Massimo Bray, Angelo Capodicasa, Marco Carra, Susanna Cenni, Eleonora Cimbro, Andrea De Maria, Gianni Farina, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Carlo Galli, Maria Luisa Gnecchi, Monica Gregori, Maria Iacono, Francesco Laforgia, Margherita Miotto, Barbara Pollastrini, Alessandra Terrosi, Maria Grazia Rocchi.