Gay, il neuroscienziato parla di «disagio identitario». Ed è subito polemica
Non un problema di discriminazione, ma di «disagio identitario». Ha suscitato polemiche un intervento al convegno “Sapere per educare” del neuroscienziato Massimo Gandolfini, ripreso dal settimanale l’Espresso. Secondo il medico, alla base della più alta incidenza di suicidi nella comunità gay, rispetto a quella eterosessuale, non vi sarebbero tanto cause legate all’atteggiamento della società, quanto il fatto che gli omosessuali si sentirebbero «disagiati verso loro stessi».
«L’educatore non corra dietro al disagio»
Partendo da questa premessa, il medico sostiene che «se scopriamo una cosa che si chiama “disagio identitario”, lo scopo dell’educatore non è quello di correre dietro al disagio identitario, ma è quello di cercare di indirizzare verso una coerenza questo disturbo verso il proprio psichismo». Ed è stato in questo passaggio in particolare che alcuni osservatori hanno voluto leggere nell’intervento di Gandolfini da un alto un invito a “curare” gli omosessuali e dall’altro una assoluzione delle possibili tendenze discriminatorie all’interno della società.
Molti suicidi anche nelle società gay-friendly
Ma Gandolfini, che dirige il dipartimento di neuroscienze ed è primario di neurochirurgia alla fondazione Poliambulanza di Brescia, oltre che professore a contratto alla Cattolica di Milano, ha portato come esempio ciò che succede nelle società maggiormente gay-friendly, come quelle del Belgio o della Scandinavia. «Si dice che i suicidi sono maggiori (nella comunità gay, ndr.) perché la società non è accogliente. Per sfatare questa bugia – ha detto Gandolfini – basta andare a vedere i dati del Belgio e della Scandinavia. L’incidenza suicidaria in questi Paesi che sono gay-friendly rimane molto alta perché in fondo a tutto questo ci sta un disagio identitario. Nella misura in cui una persona si sente disagiata verso se stesso, non è poi così facile vivere».