Gentiloni cambia linea: sì ad azioni mirate in Libia per fermare l’Isis
Se non si riuscisse a stabilizzare la Libia, si renderebbero necessarie «attività mirate antiterrorismo» contro l’Isis e azioni per frenare le ondate migratorie. A dirlo è il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in un’ intervista al Corriere della Sera in cui inoltre invita l’Ue a «non chiudere le porte» alla Turchia. «Il doppio rischio dell’avanzata del Daesh e delle ondate migratorie ci costringe a correre contro il tempo. L’intesa è possibile ma non abbiamo davanti mesi», spiega Gentiloni. Se non si riuscisse a far nascere un’intesa politica, «ci sono piani alternativi per il contenimento dei rischi. Non parliamo di piani B ma di attività mirate antiterrorismo, ad esempio nel quadro della coalizione anti-Daesh, di azioni contro il traffico di esseri umani e di collaborazione per l’accoglienza dei rifugiati con Paesi vicini».
Gentiloni: sì ad azioni antiterrorismo
Si tratta di attività con «solo una funzione di contenimento, altra cosa è stabilizzare la Libia». Per l’emergenza migranti, all’Europa chiediamo «più soldi innanzitutto. E poi c’è un problema più delicato: il soccorso in mare porta la decisione su dove le persone salvate devono essere indirizzate: nel porto sicuro più vicino? Nel Paese di origine del natante che li recupera? La Ue deve rispondere con chiarezza», afferma Gentiloni. In merito alle parole del Papa sul genocidio armeno, «le autorità turche continuano a prendere posizioni che considero fuori misura, ma credo che la posizione di apertura vada mantenuta», dichiara il ministro. Per il capo della diplomazia italiana sull’emergenza immigrazione l’Europa dovrebbe lavorare sulle aree di origine della crisi. «Non dimentichiamo che quelli che sbarcano o non sono libici, usano la Libia ma vengono da Siria, Corno d’Africa. dovefin qui non c’è stata risposta adeguata è su monitoraggio e soccorso del soccorso in mare, che grava al 90% sulle nostre spalle». Quanto all’Ucraina, «se nei prossimi mesi ci fosse un’evoluzione positiva, sarebbe giusto dare un segnale sul fronte delle sanzioni. Ma a chi presenta questa posizione come troppo ‘morbida’, dico che non accettiamo lezioni da nessuno sul rigore con cui applichiamo le sanzioni, che non è inferiore a quello di altri Paesi europei».