Hillary Clinton cambia pure il logo elettorale in favore delle nozze gay
Hillary Clinton cambia logo, o meglio ne modifica la grafica in omaggio a un futuro in cui le nozze gay in tutta America saranno legali. La ex First Lady ha sostituito il patriottico bianco, rosso e blu sul diagramma a forma di “H” tagliata da una freccia – il “brand” della sua candidatura alla Casa Bianca 2016 – con i colori dell’arcobaleno, simbolo delle campagne degli omosessuali per la parità dei diritti. La presa di posizione ha coinciso con l’inizio del dibattito alla Corte Suprema dei ricorsi che potrebbero portare in giugno a legalizzare i matrimoni tra gay in tutti e 50 gli Stati Uniti.
Nozze gay, la Corte suprema decide a giugno
Ll’esito del dibattito, da quanto è trapelato dai commenti dei “togati”, non è per nulla scontato. Il verdetto è atteso a giugno. Al primo esame, il clima era da spartiacque della storia. I giudici si sono divisi lungo gli steccati ideologici. «Perché nove magistrati non eletti dovrebbero cambiare quanto è stata consuetudine di millenni?», ha chiesto il “centrista” Anthony Kennedy all’avvocatessa Mary Bonaiuto, che rappresentava le coppie gay. A favore invece la Casa Bianca, con il via libera del presidente Barack Obama, in linea con i quattro “liberal” della Corte. Fra questi, Stephen Breyer ha detto: «Le nozze sono una libertà fondamentale». Ruth Bader Ginsburg e Elena Kagan: «Se due gay si sposano, che male fa alle coppie etero?». O, per dirla con la giudice Sonia Sotomayor: «Se li vietiamo, si rafforza davvero il matrimonio tra uomo e donna?». A destra, invece, Clarence Thomas non ha aperto bocca. Sam Alito ha chiesto se, cambiando la nozione di matrimonio, si arriverà ad avallare la poligamia. Il togato di origine italiana Antonin Scalia ha argomentato che la legalizzazione potrebbe imporre a membri del clero di officiare cerimonie gay a dispetto delle convinzioni religiose. «Non state cercando di unirvi all’istituzione. Cercate di cambiare l’istituzione», ha detto il presidente della Corte, John Roberts. Quattro a quattro. E poi c’è il giudice Anthony Kennedy, che di fatto diventa “ago della bilancia”: «Quella definizione di matrimonio è stata con noi per millenni. È difficile per la Corte cambiarla». Di qui a giugno sarà una decisione difficile per lui.