Italicum, la minoranza Pd abbandona l’assemblea. Votano solo 190 su 310
Non solo le dimissioni del capogruppo alla Camera Roberto Speranza. Lo scontro sull’Italicum che si è consumato nella notte all’assemblea del gruppo Pd alla Camera ha letteralmente spaccato il partito a metà, o quasi: alla fine la linea di Matteo Renzi è stata approvata all’unanimità, ma al voto hanno partecipato solo in 190 su 310. Gli altri 120 avevano quasi tutti abbandonato la sala.
La minoranza Pd alla rottura sull’Italicum
Dopo il braccio di ferro che ha portato alle dimissioni di Speranza, la minoranza ha chiesto di sospendere i lavori dell’assemblea, che invece è andata avanti. È stato allora che Civati, Bindi, Fassina, D’Attorre e altri si sono alzati e sono andati via. «Se si vuole, si può cambiare. Se non volete farlo, non sono convinto, se si va avanti così non ci sto», ha detto Pier Luigi Bersani, che era rimasto per parlare. Alla fine Renzi ha ottenuto l’unanimità, ma con più di un terzo dei deputati che ormai si era ritirato sull’Aventino.
Ma Area Riformista non rompe
Nel suo intervento di replica, Renzi ha ribadito le sue ragioni, chiedendo poi a Speranza una ulteriore riflessione sui motivi delle dimissioni e proponendo una assemblea ad hoc per la prossima settimana. Un tentativo di tenere ancora il dialogo aperto con Area riformista, la componente di Speranza, che d’altra parte, pur non partecipando al voto, non ha abbandonato l’assemblea. Secondo i più moderati, quindi, la situazione sarebbe ancora recuperabile e anche le dimissioni del capogruppo, stando a quanto riferito dal deputato milanese Matteo Mauri, non sarebbero «definitive». Ma non tutti la pensano così: «Credo che ci sia una responsabilità molto grave del segretario, che ha determinato questa spaccatura ed è sconcertante non essersi fermati dopo l’annuncio delle dimissioni da parte di Roberto Speranza», ha detto Alfredo D’Attorre, ribadendo quale sia l’animo della minoranza nei confronti del segretario e premier.