Omicidio stradale, che fine ha fatto l’ergastolo della patente?

27 Apr 2015 16:04 - di Priscilla Del Ninno

Omicidio stradale, dietrofront sulla sanzione più severa: che fine ha fatto l’ergastolo della patente? Che ne sarà dopo il deposito in Commissione Giustizia del Senato del disegno di legge sull’omicidio stradale, dal quale è scomparsa la promessa più roboante e attesa, che prevedeva per i condannati di non poter guidare mai più? Chi risponderà alle domande dei parenti e degli amici delle migliaia di morti, o delle centinaia di migliaia di feriti all’anno, colpiti sulle strade da pirati in fuga?

Omicidio stradale, dramma o farsa?

E ancora: che fine ha fatto la richiesta di giustizia per quelle giovani, giovanissime vite spezzate in pochi istanti, che solo in minima parte potrebbe risarcire del dolore i parenti delle vittime della strada? In cosa dovranno credere, e a chi dovranno appellarsi i genitori di quei tanti bambini travolti e falcidiati sulle strisce pedonali, sotto gli occhi di una madre, di un padre, di un nonno, impotenti? Dove finiscono la rivendicazione di una pena certa, la fiducia da riporre in una giustizia efficiente? E le attese strazianti, i diritti inalienabili, le rivendicazioni di chi si è visto stravolgere la vita dal dolore della morte improvvisa e inaccettabile di un proprio caro, magari per colpa di un automobilista risultato poi positivo all’alcol test o ai vari esami di rilevazione di sostanze stupefacenti? Come ottemperare, infine, al principio secondo cui, per fungere da reale deterrente e scoraggiare davvero, una legge deve impaurire, e non limitarsi semplicemente a dissuadere?

Lo sgomento dell’Asaps

Prova a rispondere, tra gli altri, Giordano Biserni, presidente dell’Associazione sostenitori Polstrada (Asaps), che commentando le ultime “involuzioni” sul tema, ha ribadito: «Alla fine in Parlamento la tribuna numerata dei difensori estremi dei vari diritti, compreso quello della mobilità a discapito della tutela alla sicurezza e alla vita, ha sempre la meglio. Ora apprendiamo con stupore che uno dei due pilastri dell’omicidio stradale, quello relativo all’ergastolo della patente, verrà di fatto costruito con un debole calcestruzzo che limiterà gli effetti a sanzioni accessorie con la sospensione della patente da 5 a 12 anni. Questo, ci dicono, per rimanere entro il recinto del diritto alla libertà di movimento tutelato dalla Costituzione». Una metafora efficace, quella di Biserni, che traduce lo stupore per una proposta il cui «impianto originale» e le cui «dichiarazioni di parlamentari e relatori, inizialmente non andavano in questa direzione». «Vorremmo ricordare ai nostri rappresentanti – ha quindi proseguito Biserni – che la patente di guida «è una licenza, come il porto d’armi, non un diritto divino». Per tutto questo – ha concluso Biserni – l’Asaps considera la decisione di edulcorare le sanzioni, «se confermata, grave, e una sorta di raggiro nei confronti dei familiari delle vittime della strada e delle associazioni che, come noi, propongono l’omicidio stradale. Il traguardo della giustizia sulla strada con questa posizione si allontana – ha commentato Biserni – e l’omicidio stradale rischia di scivolare verso la farsa».

Zaia, «è una barzelletta che non fa ridere»

Tra gli altri, il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, commentando «tra rammarico e indignazione» il deposito in Commissione Giustizia del Senato del disegno di legge sull’omicidio stradale, dal quale è scomparsa la previsione della sanzione più severa dell’ergastolo della patente, ha sottolineanto come «il reato di omicidio stradale, atteso da anni e ancora incredibilmente in pensatoio, perde per strada una sua parte fondamentale come l’ergastolo della patente, unica vera garanzia di non reiterazione del reato, deterrente ancor più del carcere, da dove una scappatoia per uscire si trova sempre. È una barzelletta che non fa ridere». E che indigna considerato che, come giustamente ribadito da Zaia, alle famiglie delle vittime sono state fatte promesse che verranno disattese. Che suscita rabbia perché, come concluso dal governatore del Veneto, «se le cose non cambieranno, un drogato o un ubriaco che ha ucciso bambini sulle strisce pedonali dopo qualche anno (ma sarà poi vero?) di purgatorio, potrà tornare alla giuda della sua auto di grossa cilindrata; «e perché in questo Paese non si ha mai il coraggio di andare fino in fondo, soprattutto, purtroppo, nel punire chi delinque e, facendolo, provoca dolore, drammi e sofferenze, alla gente per bene».

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