E vai! Pure Renzi è “fascista”: tutti a Predappio il prossimo 25 aprile
Ma quale Resistenza, quale 25 Aprile vanno festeggiando i cantori di quell’Italia “laica-democratica-antifascista” evocata a pieni polmoni nelle celebrazioni ufficiali? E noi, i “fascisti”, di quale discriminazione ci lamentiamo, quale ghetto andiamo imprecando? Non è vero niente. In compenso, è vero che da settant’anni esatti siamo tutti attori inconsapevolmente impegnati sul set di un gigantesco “Scherzi a parte”. Noi credevamo di vivere in una nazione riscattata dal sangue partigiano, sublimato nella Costituzione più bella del mondo o di osservare le leggi approvate da un Parlamento ridotto a taverna sulle note di Bella Ciao. Così come credevamo che fosse sinceramente ideologica la furia iconoclasta di una Laura Boldrini verso le marmoree vestigia del “deprecato Ventennio”. Ma era una fiction poco seria anche se a lunga serialità, una sorta di Truman Show all’amatriciana in perfetta continuità artistica con gli spaghetti-western dell’indimenticato Sergio Leone.
La festa del 25 Aprile? Un Truman Show che dura da 70 anni
La realtà è tutt’altra e impietosamente ci spiattella che il fascismo non se n’è mai andato. Anzi, è più vivo che mai e, come da copione, lotta contro ogni afflato democratico. Le prove? Abbondano ogni oltre ragionevole dubbio. Basta rileggere in controluce gli atti parlamentari delle due Repubbliche per convincersene. Non erano forse “fascisti” i democristiani? Per i comunisti lo erano a tal punto da lasciare lo zampino nelle stragi di Stato organizzate in combutta con bombaroli neri, servizi deviati, Cia e ambienti vaticani. E non lo fu, forse, anche Bettino Craxi, effigiato dalla matita di Giorgio Forattini in orbace e stivaloni? Su Berlusconi non varrebbe neppure la pena soffermarsi tanto evidente e profonda è la sua continuità con le insegne del Littorio. Anche se nato quando Mussolini era ancora in vita, in realtà egli è la reincarnazione del Duce, una specie di anticristo in versione Cavaliere Nero, capace di condurre al governo i “fascisti” padani di Umberto Bossi e gli orfani di Salò raccolti intorno a Gianfranco Fini.
«Sull’Italicum Renzi come il Duce». Ora anche quelli del Pd piangono
Un vero spartiacque il capo di Mediaset. Dopo di lui, il diluvio. Tanto è vero che persino la fiction si sarebbe dovuta concludere con il malinconico epilogo della sua epopea: immagini in dissolvenza sul viso stravolto del Cavaliere soffocato dal suo cerchio magico mentre sullo sfondo si intravede un Dell’Utri senza occhiali avvolto dal rogo giudiziario e poi via ai titoli di coda. Invece, no. L’inatteso irrompere del fasciorenzismo ha finito per stravolgere la programmazione. Come nelle migliori tradizioni, lo spettacolo continua ora con Matteo Renzi novella reincarnazione dell’Uomo della Provvidenza. Finalmente, anche quelli del Pd piangono. Leggere, per conferma, lo stenografico della Camera di martedì pomeriggio dedicata all’esame dell’Italicum. Vi si sprecano i riferimenti alla famigerata legge Acerbo del 1923. Con questa premessa, persino scontato il succo degli onorevoli ragionamenti: come Renzi oggi, anche il Duce ieri cominciò con una bella legge elettorale cucita su misura delle sue smisurate ambizioni. Il fascismo, insomma, è ancora qui, più “forte che pria”. E vai! Quasi quasi vien voglia di crederci. E se è così, il prossimo 25 Aprile tutti a Predappio!