Tony Blair interviene nella campagna elettorale: no al referendum sulla Ue
A un mese esatto dalle elezioni politiche in Gran Bretagna, l’ex premier britannico Tony Blair irrompe rumorosamente nella campagna elettorale più lunga e densa di incertezze nella storia del Regno Unito. Con un discorso tenuto in quello che una volta era il suo collegio elettorale a Westminster, l’ex premier e leader dei laburisti attacca la promessa di un referendum sull’Unione europea lanciata dai Conservatori e dal primo ministro David Cameron. Una consultazione che secondo Blair rischierebbe di fare uscire la Gran Bretagna dalla Ue, aprendo per l’economia del Paese le porte del caos. Blair, che non è più impegnato direttamente in politica ma riscuote ancora notevole influenza nel partito che ha guidato, accusa Cameron di scambiare l’interesse nazionale di far parte dell’Unione con un ruolo di primo piano con una mossa elettorale determinata dalla pressione dell’Ukip e dalla destra conservatrice. Un atteggiamento diverso, sottolinea l’ex tre volte primo ministro del Regno Unito, da quello del suo successore Ed Miliband: il capo dei Labour, rileva, «ha mostrato di essere un vero leader nel resistere alle pressioni su un referendum». Insomma, Blair è convinto che «una vittoria dei conservatori porterà il Paese ad una instabilità pari a quella vissuta alla fine della Seconda guerra mondiale».
Cameron: Blair vuol negare il diritto di parlare agli inglesi
Parole insopportabili per i Conservatori, che accusano Blair di «voler negare al popolo il diritto di dire la sua sull’Unione europea». L’ex leader laburista rincara la dose dicendo che «far uscire il Regno Unito dall’Ue getterebbe il Paese nel caos economico»; e si becca la risposta di Cameron, che considera «straordinario che Tony Blair non pensi che la gente debba dire la sua in un referendum sull’Europa». E Boris Johnson attacca Blair con parole antiche diffuse attraverso mezzi contemporanei. Il sindaco di Londra cita su twitter Virgilio: «Non tali auxilio nec defensoribus istis». (Non di tale aiuto né di simili difensori c’è bisogno in questo momento). E a trenta giorni dalle urne i sondaggi non assegnano a nessuno la vittoria. Il prestigioso Times dà alla pari, testa a testa, Laburisti e conservatori. Il Sun segnala i conservatori in testa di un solo punto, ma offre anche un dato interessante. Secondo il tabloid, l’Ukip di Nigel Farage resta il terzo partito, ma avrebbe perso un quarto dei consensi da novembre, passando dal 16,75 al 12,25. Un’erosione che Farage è costretto a riconoscere. In ogni caso, l’Ukip è ben lontano dal trionfo elettorale delle europee di maggio 2014, quando gli euroscettici conquistarono il 26,6%, diventando il primo partito britannico.