Benvenuto tra i “nostalgici”: Galli della Loggia scopre l’«Italia diversa»
Sì, lo ammettiamo: vogliamo iscriverci ai nuovi conservatori, al “partito” di quelli che sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia ha etichettato come i «nostalgici di un’Italia diversa». Anzi, pretendiamo di diventarne i capi (o i leader, come impone l’anglofilia straripante), innanzitutto perché eredi di una cultura politica – quella missina – su cui l’accusa di nostalgismo pesava più di una condanna all’ergastolo e poi perché molte delle recriminazioni dell’editorialista del quotidiano di via Solferino somigliano in tutto e per tutto alle battaglie condotte in splendido isolamento dalla destra negli anni andati.
Quando a destra l’accusa di “nostalgismo” pesava più di una condanna
E non ci riferiamo tanto al presidenzialismo diffuso (in parte realizzato) o alla regolamentazione del diritto di sciopero (divenuta nel frattempo legge) nè alle critiche ad un regionalismo straccione (sui cui frutti avvelenati oggi tutti convengono), quanto alla difesa di alcuni valori fondanti e portanti della comunità nazionale da cui già allora giungevano sinistri scricchiolii. Il guaio è che li sentivamo solo noi. Avercelo avuto all’epoca un Galli della Loggia pronto a sdoganare il “ricordo” in funzione politica, sarebbe stato tutto più semplice. Non per la destra, per l’Italia. Invece, eravamo isolati, schiacciati sotto l’insostenibile peso della «nostalgia». Non del Duce o dei suoi “treni in orario”, ma di un’Italia diversa, guarda caso la stessa che oggi rimpiange il più importante giornale nazionale. Ma qual è questa Italia? Quella delle piccole grandi cose: dal cedere il posto su un treno ad una donna o ad un anziano, al rispetto per la bandiera e per la divisa. Quella del primato del lavoro e del sudore sulla rendita e sui parassiti. Quella della povertà vissuta con dignità, tipica di quelle famiglie costrette a considerare “un lusso che non possiamo permetterci“ anche una cartella colorata. Sì abbiamo “nostalgia” di quella compostezza, oggi perduta per effetto di una visione negatrice del principio di autorità che ci ha reso todos caballeros.
Galli della Loggia “sdogana” il ricordo in funzione politica
E dire che certi intellettuali pensano ancora di chiamarsi fuori puntando l’indice contro la tv commerciale (cioè Berlusconi) colpevole di aver draivinizzato l’Italia, degradandola fino a renderla irriconoscibile. È una vulgata con qualche pezzetto di verità, ma molto, molto, parziale. Già, perché non si può arrivare al punto in cui siamo, (viviamo in un Paese la cui lingua ufficiale è ormai l’insulto), senza la connivenza di una scuola irriformabile ed ipersindaclizzata e senza la complicità di istituzioni allo sbando. Prendiamocela pure con Berlusconi ma chi ha fatto saltare i meccanismi di controllo nella pubblica amministrazione è un uomo della sinistra come Bassanini e chi, in Costituzione (art.114), ha messo lo Stato sullo stesso piano dei Comuni è il centrosinistra. Siamo una nazione che vegeta in posizione orizzontale, dove non comanda nessuno. Ce ne accorgiamo solo ora perché stanno venendo al pettine tutti i nodi, ma i mali sono antichi. Per mezzo secolo sono stati ovattati da una retorica antifascista per nulla preocupata di buttare insieme all’acqua sporca della dittatura anche il bambino della coesione nazoinale. Apposta si festeggia il 25 Aprile e non si celebra il 4 Novembre. Ecco, noi invece abbiamo nostagia dei “ragazzi del ’99”, dal cui sacrificio nacque l’Italia unita e moderna, e non dei partigiani dalla cui Resistenza è spuntata la partitocrazia fondata sulla menzogna, sulla reticenza e sulla discriminazione. Un tempo, a sostenere queste tesi non si era molto popolari. e lo faceva solo la destra. Ma la consideravano un rottame della storia, “nostalgica” appunto. Proprio come si autodefinisce oggi Galli della Loggia. A conferma, forse, che ben altri erano i rottami.