Dopo Bolzano il centrodestra all’ultimo giro. Ma tutto dipende da Berlusconi
Mettiamola così: quando Forza Italia vince, il merito è solo di Berlusconi; quando perde la colpa è tutta dei dirigenti locali. Il copione è ormai lo stesso da vent’anni e viene recitato con convinzione ogni qualvolta si renda necessario mettere al riparo il leader dai tracolli elettorali. Non ha fatto eccezione l’impietoso responso del Trentino-Alto Adige, prontamente intestato dall’on. Micaela Biancofiore al coordinatore regionale Enrico Lillo, di cui ha chiesto le dimissioni. A Bolzano, che era il test più significativo, Forza Italia ha racimolato il 3,6 per cento, cioè solo poco più di FdI-An (2,1) ma distantissima dalla Lega Nord balzata all’11 per cento.
A Bolzano tutti contro tutti. E la sinistra gongola
Tuttavia, per quanto parziale e fortemente condizionato da dinamiche territoriali estremamente peculiari, il dato altoatesino rappresenta un monito per l’intero centrodestra, che si è presentato all’appuntamento elettorale lacerato e privo di una proposta unitaria. Sintomo palese di inaffidabilità immediatamente rilevato dall’elettorato, come confermano gli otto punti percentuali di astensionismo in più (dal 67,5 al 58,5) rispetto alle Europee dello scorso anno. È fin troppo evidente che l’elettorato è disincentivato dalle polemiche interne. Si discuta pure ma si abbia, nel contempo, la capacità di trovare una sintesi. Se Forza Italia, e non da ora, ha il problema di selezionare una classe dirigente locale all’altezza evitando procedure simil-casting o obiettivi di nuovismo fine a se stesso, altri, ad esempio la Lega, dovrebbero evitare di considerare ogni tornata elettorale in chiave di competizione interna al centrodestra. Che è poi esattamente quel che sta accadendo, a tutto vantaggio della sinistra. Salvini è ora il più forte ma il primo ad esserne contento è Matteo Renzi, perfettamente consapevole che difficilmente perderebbe in un duello con il leader leghista. È altrettanto vero, tuttavia, che andrà sempre peggio se il Cavaliere non dichiarerà contenibile la sua leadership. E qui si torna a bomba. Insomma, l’attuale centrodestra è un cane che si morde la coda.
Il Cav renda contendibile la leadership del centrodestra
Restano FdI-An ed il Ncd. Il test di Bolzano non era certo quello da Giorgia Meloni. Sarà infatti il risultato delle sette regioni al voto il 31 maggio a testimoniare dello stato di salute del suo partito. In particolare, quello di Campania e Puglia (dove la Meloni è alleata di Fitto e non di Berlusconi) è alleata perché è soprattutto lì, al Sud che FdI-An può tentare di dar vita ad un progetto originale, sempre nell’ottica della coalizione e sempre all’interno della cornice di una visione nazionale. Quanto ad Alfano, il suo è un partito che vive soprattutto dell’apporto dei candidati. Nonostante la permanenza nell’esecutivo e qualche accenno di battaglia contro Renzi, il Ncd non attrae quote di elettorato di opinione. È chiaro che l’essere né carne né pesce non paga. Più che di governo, è un partito ministeriale. Ma il centrodestra ne ha ancora bisogno.