Un forte vento di destra spira in Europa. L’Italia non può rimanere al palo

8 Mag 2015 19:39 - di Aldo Di Lello

La destra vince ovunque in Europa. In Gran Bretagna, l’affermazione di Cameron ha assunto le dimensioni del trionfo: con 331 seggi su 650, i Tories possono da oggi governare da soli, senza scendere a patti con nessun’altra forza politica. In Francia, la destra non governa, ma è in travolgente rimonta. L’Ump di Sarkozy è di nuovo il primo partito. E il suo vero competitor è un altro partito di destra: il Front National di Marine Le Pen. Al di là delle Alpi si confrontano due destre: la sinistra di Hollande è in crisi profonda e pare destinata a una crescente marginalità. In Germania è stabilmente al governo la Cdu di Angela Merkel e anche lì i socialisti sembrano ormai fuori dai giochi. In Spagna governa dal 2011 il popolare Mariano Rajoy. E qui finiscono le gioie. Anzi, diciamo per l’esattezza che i motivi di conforto politico si fermano alle Alpi. Perché,  una volta entrati nella Pianura Padana, cominciano i dolori. L’Italia è purtroppo in controtendenza. Ma non tanto e non soltanto perché oggi governa il Pd, quanto per il fatto che, al momento, non si vede all’orizzonte  una competitiva alternativa di destra. E sono purtroppo in molti a vaticinare un radioso avvenire a Renzi, il quale coltiva pure l’ambizione di fondare un partito della nazione. È bravo e spregiudicato Renzi? E chi lo nega? Ma è non solo merito suo. È anche demerito di un’area, quella di centrodestra, frammentata, rissosa, incapace di lavorare a progetti di lungo respiro, come ci racconta l’amara cronaca politica di questi mesi, dalla Puglia al Veneto.

Il rammarico è forte. Perché mai come in questa fase storica ci sarebbero le condizioni favorevoli per stabilire una lunga egemonia di destra sulla vita politica italiana. E invece l’egemonia se la sta conquistando la post-sinistra alla “fiorentina” di Matteo Renzi. Dopo l’approvazione dell’Italicum la paura fa novanta. E ciò ha spinto Berlusconi a lanciare l’idea di un “partito repubblicano” come il Grand Old Party  della dinastia Bush. L’idea non ha riscosso al momento entusiatici consensi dagli altri soggetti teoricamente interessati. E il motivo è semplice: magari bastassero una nuova sigla e un nuovo marchio per risolvere i problemi del centrodestra riunendone le anime (oggi disperse) in un unico grande, moderno e competitivo contenitore. Le unioni forzose non funzionano nella vita privata, figuriamoci in politica. Servirebbe che tutti i soggetti del centrodestra si riunissero intorno a un tavolo e si parlassero seriamente, senza complessi, senza rancori, senza retropensieri, senza coltivare velleitari sogni di egemonismo e personalismo. È un pio desiderio? Lo sarà pure. Ma altra strada non c’è. E allora, ragazzi (o ex ragazzi), datevi al più presto una mossa!

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