Guido Castelli: «Il 27 appuntamento per ridisegnare la nuova destra»
Tappa importante quella del 27 giugno promossa dal sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, che ha chiamato a raccolta le varie anime sparse della destra per una riunione “tattica”, ossia riflettere sul futuro della coalizione ai tempi dell’Italicum. L’iniziativa del sindaco, che tutti conosciamo per la sua esperienza maturata dalle assemblee giovanili della destra, fino ad An e poi nel Pdl e in Fi , è un passo che può rivelarsi decisivo per il futuro di un’area politica che per la natura stessa della nuova legge elettorale dovrà trovare un denominatore comune. Chi, se non Castelli, può riuscire nell’intento, un sindaco al suo secondo mandato alla guida della città, un caso felice di politici sindaci che hanno resistito all’ondata renziana e alla rabbia grillina? Rieletto al primo turno, con il 6o% per cento dei consensi sbaragliando i concorrenti, incassando il triplo dei voti del centrosinistra e lasciando i grillini sotto il 7 per cento, ha le carte in regola per lanciare nuovi input.
Castelli, qual è l’intento della manifestazione da lei voluta insieme a Fabrizio Di Stefano, dare vita a una Leopolda di destra?
Guardi, il termine non mi piace, sa tanto di “big bang” renziano, preferirei la definizione di “Capitani in cerca di coraggio”, cercando, cioè, di infondere coraggio in chi ora guarda attonito alla rarefazione di un mondo di persone, che venendo da destra, la vedono ora confinata solo nella destra “lepenista” di Salvini. Noi, in fondo negli ultimi 20 anni, abbiamo fatto un ragionamento diverso, su una destra democratica ma ferma su alcuni valori e principi. Fiuggi è stato questo. Noi ora non intendiamo fare i “laudatores” del passato, ma quando vediamo che si evocano modelli inglesi o statunitensi, da Cameron al partito repubblicano, ci chiediamo se non sia il caso di pensare prima ai contenuti e ai valori da cui far ripartire la “riconfigurazione” del centrodestra e poi ai modelli.
E veniamo al punto chiave: le anime sparse del centrodestra come dovranno modularsi sullo sfondo dell’Italicum? Il nuovo sistema elettorale pone nell’ordine delle cose necessarie l’entrata in un “listone” unico come obiettivo finale, non trova?
Certo. È nell’ordine delle cose pensare a un “pin”, a una chiave di accesso che renda competitivo il centrodestra rispetto a Renzi. Altrimenti, il rischio è vedere confinata nel limbo dell’irrilevanza la maggior parte del Paese che è fatta di moderati.
Lei dove trova questa chiave di accesso?
Partendo da una domanda: può esistere un mondo senza destra? Allora, volendo evitare una “fusione a freddo” dai dubbi esiti occorre puntare su alcuni temi forti su cui polarizzare l’attenzione e formulare una proposta alternativa a Renzi.
Ripeto: come si fa a riconfigurare il centrodestra?
Nel metodo prima di tutto, con una robusta dose di selezione del personale politico dal basso. Il tempo della cooptazione è finito e sarebbe letale per favorire il processo di riaggregazione cui aspiriamo.
Primarie, dunque?
Non mi “impicco” alle formule e ai tecnicismi. So, però, che deve essere garantito quello che definisco un “ascensore interno” per chi ha meriti, un sistema che garantisca di poter valere a chi dimostra competenze e capacità. Poi, chiamiamole preferenze, primarie non “taroccate” o quant’altro: il mio impegno sarà tutto proteso a garantire a chi merita un sistema di regole che possa consentirgli di contare nelle dinamiche interne. Portando in questa riflessione la mia esperienza di sindaco, aggiungo che i territori sono l’“addittivo” che rende performante questo percorso di ricomposizione.
Parliamo di programmi, allora?
Il pavimento più saldo su cui reimpostare il centrodestra – lo dico in maniera non confessionale – è l’insegnamento della Dottrina sociale della Chiesa: un liberismo solidale sul terreno economico, la centralità della persona umana, della famiglia, l’interesse nazionale come baricentro della politica estera: ad esempio, l’euro sì, ma che non diventi un feticcio; oppure, se per il nostro Paese le sanzioni anti-Putin sono un disastro, certo vanno assolutamente ripensate.
Perché proprio adesso il lancio di questa iniziativa di Ascoli?
Perché un po’ da tutti gli osservatori le Regionali dovranno costituire comunque un punto di ripartenza. Ma soprattutto perché questa ripertenza avviene in un’Italia in cui c’è l’Italicum, che dovrà essere il nostro orizzonte: del resto, la politica è il tentativo di “unire il possibile al desiderabile”, come diceva Adenauer. E allora bisogna procedere, noi vogliamo provarci.