Impresentabili, Quagliariello attacca il Pd: iniziativa inquinante, da resa dei conti
Sos elezioni. La lista degli impresentabili, resa pubblica a poche ore dal voto, si trasforma in un boomerang per la sinistra alle prese con un’autentica guerra di nervi e finisce per alimentare ulteriormente la disaffezione dei cittadini dalla politica.
Impresentabili, la guerra nel Pd
«La lista degli impresentabili è diventata un’iniziativa inquinante che non aiuta i cittadini ma li disorienta. Il voto di domani rischia di creare un’ulteriore polarizzazione tra le forze antisistema e Renzi». Parola dell’alfaniano Gaetano Quagliariello, coordinatore del Nuovo centrodestra che in un’intervista ad Avvenire accende i riflettori sulla gravità dell’operazione firmata Bindi. «È evidente che qui non c’è una questione tecnico-giuridica – dice – ma una questione politica interna al Pd. Il premier ha i suoi motivi per pensarlo. Io ho i miei motivi e le mie preoccupazioni: le scosse in quel partito possono destabilizzare l’intero sistema. C’è troppa irresponsabilità nel Pd». E alla domanda sull’opportunità di candidare De Luca, Quagliariello spiega: «Non andava candidato non per motivi etici, ma perché il Pd non doveva scavalcare una legge dello Stato che lo farà sospendere da governatore un secondo dopo l’eventuale nomina. Hanno fatto un errore politico. E ora è un fatto che il voto a De Luca rischia di essere un voto inutile».
Violante: troppo tardi
«Quella degli impresentabili è una categoria sui generis, figlia del populismo giuridico e della mancanza di autonomia della politica». Lo dice, in un’intervista a La Stampa, Luciano Violante, già presidente della Commissione Antimafia. «Il fatto di arrivare all’ultimo minuto – ma Rosy Bindi non ne ha la responsabilità – presenta un problema. Si stabilisce che alcuni candidati rientrano in una lista nera ma non si dà loro la possibilità di replicare, visto che domani si vota; né si dà la possibilità ai partiti, contrariamente a quanto stabilisce l’articolo 3 del codice di autoregolamentazione, di illustrare le ragioni per cui hanno scelto una candidatura discussa». Insomma i partiti rinunciano alla loro autonomia e si consegnano a una sorta di giuristocrazia, pericolosa per i valori costituzionali e per la stessa indipendenza della magistratura.