L ‘Avvelenata di un reazionario in cerca di una vera destra
Vi sembra normale che lo Stato abbia ballato sull’orlo del default non perché in balia di speculatori senza scrupoli ma per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale, priva del suo plenum e solo grazie al voto del suo presidente? E vi sembra possibile che Matteo Renzi l’abbia sfruttata a fini di bottega elettorale elargendo 500 euro una tantum solo ad una parte della platea di ricorrenti nonostante il suo valore erga omnes? E ancora, vi sembra sensato che mentre si parla di tagli alla spesa pubblica il governo assuma centomila insegnanti, intasando le già affollate cattedre delle nostre scuole? E, infine: vi sembra decoroso lo scaricabarile quotidiano e diffuso tra istituzioni politiche sul tema dell’immigrazione con i sindaci che accusano le province, che a loro volta se la prendono le regioni, che per non essere da meno attaccano il governo il quale, per non apparire il più fesso di tutti, punta l’indice contro l’Europa?
Aveva ragione Gaber a cantare: «Che cos’è destra, che cos’è sinistra?»
Benvenuti in Italia, repubblica demofradicia fondata sul “tutti contro tutti” e su schieramenti-marmellata spalmabili ovunque e comunque. Che cos’è destra, che cos’è sinistra?, cantava Giorgio Gaber. Nulla, potremmo rispondergli ora. Solo etichette di convenienza. Se infatti esistesse sul serio, una destra vera non si opporrebbe alla sedicente “buona scuola” accodandosi a quanti imprecano contro gli improbabili presidi-podestà, ma si batterebbe per renderli licenziabili in nome del principio che ad ogni potere corrisponde una responsabilità cui, a sua volta, è correlata una sanzione. Se dopo anni di sovietismo didattico, un barlume di autorità ritorna nella scuola, compito di una destra consiste nell’impedirne la degenerazione in arbitrio, non nel contestarne il principio.
In attesa di futuri “repubblicani” e nascenti “conservatori” l’Italia va a picco
E sempre per restare nella scuola, come si concilia l’assunzione di un esercito di precari a fronte di una stasi demografica senza precedenti? A chi insegneranno i nuovi docenti se le culle restano desolatamente vuote? Ai figli dei “nuovi” italiani, degli immigrati? Se è così, che comincino subito a studiare l’arabo. Tempo un paio di decenni, infatti, e la vera riforma della scuola sarà figlia del combinato disposto tra la nostra crescita zero, la pressione migratoria ai nostri confini e la prolificità di chi già risiede sul nostro territorio. E infine: una vera destra più che concorrere alle elezioni regionali, si batte per eliminarle, le regioni. E non solo in nome del risparmio – pur sacrosanto – ma perché hanno ridotto in pezzi lo Stato, di cui si sono fatte negazione e controparte in nome di una malintesa autonomia che farebbe persino ridere i polli se non facesse piangere le tasche dei contribuenti a colpi di addizionali. E si potrebbe continuare. Ma è meglio fermarsi qui nella speranza che futuri “repubblicani americani” e nascenti “conservatori inglesi” facciano finta di trovarsi già in Italia.