L’America sogna di ospitare i profughi siriani per rivitalizzare la vuota Detroit
Due disastri sociali e umanitari a migliaia di chilometri di distanza potrebbero dar vita a un esperimento politico per contrastare violenze, ingiustizie, discriminazioni e promuovere sviluppo.
E’ l’idea di due politologi americani, David Laitin e Marc Jahr, che ipotizzano di portare profughi della Siria a Detroit, l’ex “Motor City” che nel 2013 è diventata la prima metropoli Usa a dichiarare bancarotta.
Detroit oggi è un “deserto urbano”: dai quasi due milioni di abitanti che lì vivevano nel 1950, ora la sua popolazione è scesa a circa 700 mila.
E parlare di deserto urbano non è improprio: la città ha 70 mila edifici abbandonati e oltre 90 mila lotti vacanti.
Al momento i siriani in fuga dalla guerra hanno trovato rifugio in paesi limitrofi alla Siria: 1,8 milioni in Turchia, 600 mila in Giordania, per non parlare di quanti si imbarcano in un viaggio a rischio della vita nel Mediterraneo per raggiungere l’Europa.
I profughi siriani hanno un forte spirito di intraprendenza
In queste due tragedie umane del nostro tempo, Laitin, professore di scienze politiche e esperto di immigrazione a Stanford, e Jahr, ex-presidente della New York City Housing Development Corporation, hanno visto un’opportunità economica con l’occhio tipico degli americani: «Il governatore del Michigan, Rick Snyder, un repubblicano, ha aperto la strada quando ha chiesto una iniezione di 50 mila nuovi immigrati come parte di un programma per rivitalizzare Detroit», scrivono i due sul New York Times avanzando la proposta.
Secondo i due esperti, i profughi siriani potrebbero rappresentare per Detroit una comunità ideale, anche alla luce di una forte e riuscita presenza arabo-americana nella zona.
Un sondaggio dell’Università del Michigan tra membri di questa comunità ha individuato un 19 per cento di imprenditori e un reddito medio per famiglia tra i 50 e i 75 mila dollari all’anno: collocato, quindi, solidamente nella middle class.
Laitin e Jahr osservano che nel campo profughi di Zataari in Giordania, i siriani, a dispetto delle ferite psicologiche e limitate risorse economiche dopo quattro anni di guerra, hanno aperto oltre 3.500 negozi rivelando un forte spirito di intraprendenza. Prioprio quello che è alla base dell’american way of life, il sogno americano.
L’esempio, secondo Laitin e Jahr, potrebbe essere quello di altre comunità di profughi provenienti da singole regioni di guerra che hanno contribuito alla rinascita di quartieri e città americane: i Hmong in zone di Minneapolis, i bosniaci a Utica nello stato di New York e i somali a Lewiston, nel Maine.