L’Isis in marcia tra propaganda e minacce: «Arriveremo a Baghdad»

19 Mag 2015 10:47 - di Giulia Melodia

Isis, la presa di Ramadi da parte dei miliziani dell’autoproclamato stato islamico infligge un duro colpo alla coalizione anti-jihadista. E la propaganda, inneggiando all’avanzata verso Baghdad, torna a rilanciare le imprese dei seguaci del califfo, rispolverando alcune recenti registrazioni audio attribuite al “califfo” Abu Bakr al Baghdadi. E così, per celebrare la «liberazione» del capoluogo della regione sunnita di al Anbar e minacciare la capitale e Karbala, la città irachena santa per gli sciiti di tutto il mondo, l’Isis prova a risvegliare persino i morti…

Isis in marcia: riprende l’avanzata

Intanto, le milizie sciite irachene, finanziate dall’Iran e ampiamente usate dal governo centrale iracheno per contrastare l’Isis nel nord e nell’est del Paese, affermano di esser pronte a intervenire a Ramadi, roccaforte storica del sunnismo e al centro di una regione culla del qaedismo iracheno, di cui è figlio proprio lo Stato islamico. Dal consiglio provinciale di Ramadi affermano che nelle ultime 72 ore l’Isis ha ucciso circa 500 tra militari, poliziotti e civili. Il portavoce del consiglio, Mohannad Haimur, ha detto all’Associated Press (Ap) che 8000 civili sono fuggiti verso la capitale. La città era un tempo abitata da 850.000 persone, e solo l’aprile scorso sono scappati in quasi 150.000. La presa di Ramadi, che gli Usa liquidano semplicemente come «una battuta d’arresto» per la coalizione, non è stata improvvisa. Le forze jihadiste hanno nel corso dei mesi stretto l’assedio alla città. Quasi tutta la parte abitata di Anbar è da tempo sotto controllo dell’Isis, che da aprile ha intensificato la pressione sul centro urbano. Tanto è vero che, sempre ad aprile, il governo centrale di Baghdad aveva annunciato di aver trovato l’accordo con gli Stati Uniti per concentrare gli sforzi militari non più verso Mosul, nel nord del Paese, e dall’anno scorso in mano allo Stato islamico, bensì verso Ramadi. Proprio perché era tangibile il pericolo della sua caduta.

La propaganda del califfato

L’Isis ha diffuso nelle ultime ore un video in cui dedica la «liberazione» della città al “Principe dei Credenti” Baghdadi. Su di lui e sulla presunta incapacità fisica di rimanere al comando del califfato dopo un presunto grave ferimento si rincorrono notizie contrastanti e impossibili da verificare. Nel filmato appena diffuso alcuni stralci di audio-messaggi trasmessi di recente e attribuiti a Baghdadi sono stati usati proprio per innalzare il morale delle truppe jiahdiste e fissare un altro obiettivo, per ora a dir poco «mitico»: Baghdad e Karbala, a sud della capitale. Al di là di propaganda spicciola, strategie militari e demagogia, però, a testimonianza della gravità della situazione è giunto a Baghdad il ministro della Difesa iraniano, Hossein Dehghan, che ha incontrato il premier Haidar al Abadi. L’Iran e gli Stati Uniti sono i principali sostenitori politici e militari del governo di Abadi. E visto lo scarso successo che le milizie sunnite di Anbar hanno avuto nel contrastare l’offensiva jihadista, il premier nei giorni scorsi ha annunciato l’imminente mobilitazione delle forze irregolari sciite. Vogliamo «eliminare il nemico barbaro e raggiungeremo questo obiettivo», ha detto all’Ap Yussef al Kilabi, uno dei portavoce delle milizie filo-iraniane. Secondo fonti irachene, inoltre, anche l’ambasciatore Usa in Iraq ha acconsentito al dispiegamento di armati sciiti ad Anbar. Ma l’arrivo di questi volontari, che già nei mesi scorsi avevano aiutato le forze armate a riconquistare Tikrit, la città natale di Saddam Hussein, rischia di esacerbare le tensioni in un clima già polarizzato tra sunnismo e sciismo.

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