
Touil: perché io in cella? Il caso ora è politico e Alfano se ne lava le mani
Home livello 2 - di Francesco Severini - 22 Maggio 2015 - AGGIORNATO 22 Maggio 2015 alle 18:14
“Perché sono qui? Non capisco, non ho fatto nulla”. Lo va ripetendo in carcere Abdel Majid Touil il marocchino arrestato tre giorni fa su mandato di Tunisi per l’attentato al museo del Bardo. Da quanto è trapelato il 22enne, in isolamento a San Vittore, continua fare questa domanda a chi ha avuto modo di incontrarlo, parlando arabo. Verrà interrogato dal giudice della quinta Corte d’Appello di Milano Pietro Caccialanza, dopo la convalida dell’arresto avvenuta nei giorni scorsi.
Il caso Touil: le contraddizioni del ministro Alfano
Il dibattito sull’arresto di Touil continua a tenere banco anche per le implicazioni politiche che comporta. Secondo i registri scolastici e la Procura di Milano Touil era a scuola il 18 marzo 2015, giorno dell’attentato al museo del Bardo di Tunisi. Ma questa evidenza non ferma la girandola di dubbi e sospetti sul ruolo del giovane marocchino, che per il ministro dell’Interno Angelino Alfano resta “gravemente indiziato di essere coinvolto nell’efferata azione terroristica del 18 marzo a Tunisi, in cui perirono anche quattro cittadini italiani”. Da segnalare tuttavia il comportamento contraddittorio di Alfano che prima ha esultato per l’arresto come se si trattasse di un obiettivo antiterrorismo raggiunto dall’Italia, poi ha invece scaricato ogni responsabilità sul governo di Tunisi che ha chiesto l’arresto di Touil. Il Viminale ha infatti precisato che l’Italia ha “eseguito un mandato di arresto internazionale sulla base di indagini svolte in un altro Paese. Un mandato di arresto internazionale non è competenza italiana”. Ma Alfano replica anche a chi lo ha accusato di prendere sotto gamba il rischio di infiltrazioni di terroristi nel nostro paese. Non ho “mai escluso – scandisce Alfano – che l’Italia sia a rischio terrorismo: sempre detto che l’allerta è elevatissima, anche sull’uso dei barconi per l’infiltrazione di terroristi, pur se finora mancano riscontri”.
Belpietro: un clandestino può frequentare un corso di lingua in una scuola statale?
Su Touil da segnalare anche l’articolo di fondo del direttore di Libero Maurizio Belpietro il quale fa notare che in goni caso Touil, sbarcato in Sicilia a febbraio, non aveva con sé documenti e fornì un’identità falsa e per questo aveva avuto un foglio di via per tornare a casa, ma nessuno si è preoccupato di far rispettare questo provvedimento, anzi Touil frequentava addirittura un corso di lingua a Gaggiano. “Uno dei misteri inspiegabili – scrive Belpietro – che solo un’immigrazione non controllata e frontiere colabrodo possono spiegare”.