Alfano è il vero punto debole di Renzi in un governo pieno di guai giudiziari
Più ore passano e più il governo somiglia a un cane che affoga. Le granitiche certezze ostentate da Renzi davanti alla direzione del Pd circa la forza della propria leadership rientrano nel consueto repertorio del personaggio. In realtà non bisogna essere necessariamente dei sensitivi per accorgersi che il premier e la sua maggioranza rischiano davvero di finire a picco. L’opposizione, Salvini in testa, ha fiutato l’aria e ha preso a bastonare con foga inusitata il cane che affoga.
Il premier alle prese con il caso Marino e il tormentone De Luca
La Lega, in particolare, cavalca l’onda anti-immigrati con un crescendo di iniziative che stanno assumendo i toni e i tratti di una vera sedizione istituzionale a sfondo territoriale con i governatori di Lombardia e Veneto (senza dimenticare la Liguria del forzista Toti) che chiedono ai prefetti del Nord di ribellarsi contro il ministro Alfano, minacciando persino (il solo Maroni, in verità) di chiudere il rubinetto dei fondi regionali a quei comuni che decidessero di ospitare profughi sul proprio territorio. Il Carroccio vola sulle ali del recente successo elettorale ma è indubbio che la sua crociata anti-immigrati abbia trovato un formidabile alleato nei miasmi che salgono da “Mafia Capitale“, l’inchiesta capitolina che ha scoperchiato il business dell’accoglienza dei profughi sotto il Campidoglio. La sconcertante resistenza di Marino comincia a tingersi di disperazione. Lo spettro di un scioglimento per mafia del consiglio comunale della capitale è un costo che nessun governo potrebbe permettersi senza restarne travolto. Le dimissioni del sindaco sono quasi un atto dovuto. Del resto, finché si ostina a restare, il prezzo più alto lo pagano il Pd e Palazzo Chigi. Ma più del destino del primo cittadino di Roma o del tormentone De Luca in Campania, a preoccupare Renzi è il filone siciliano dell’inchiesta sul centro d’accoglienza di Mineo che vede indagato il sottosegretario Castiglione, del Ncd, alter ego di Alfano nell’isola. Il ministro dell’Interno è il vero tallone d’Achille del premier. È Alfano, infatti, che si trova suo malgrado a fare da trait d’union tra le due maggiori opposizioni, quella leghista, che lo accusa di incapacità nella gestione dei flussi migratori, e quella grillina, pronta ad azzannarlo nel caso (non improbabile) di un più evidente coinvolgimento del Ncd siciliano nel business dell’accoglienza.
Ma il vero problema sono le inchieste sugli uomini di Alfano
Un Alfano con il suo partito sotto scacco giudiziario (la richiesta di arresto di Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio del Senato ne parrebbe una conferma) e personalmente gravato dal sospetto di coprire chi ha lucrato politicamente sui barconi della disperazione sarebbe per le opposizioni un bersaglio fin troppo facile da colpire e, per Renzi, un fardello troppo pesante da portare. Ma anche difficile da sostituire. A quel punto, la scadenza del 2018 rischierebbe di apparire ingannevole ed illusoria come un miraggio.